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testo

“Noi socialisti dobbiamo essere propugnatori della scuola libera,

lasciata all’iniziativa privata e ai comuni.

La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola

è indipendente dal controllo dello Stato”

Antonio Gramsci, Grido del Popolo, 1918

giovedì 13 giugno 2019

La famiglia, l'educazione familiare, é scuola di realismo

Tratto dal libro "Educazione e insegnamento - statalismo o libertà" di Estanislao Cantero Nuñez (Ed. Speiro, Madrid 1972) riportiamo qui la prima parte del capitolo II ("A chi spetta insegnare")

(intera traduzione del libro qui - tradizione di David Botti)

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Michel Creuzet ha esposto con perfetta chiarezza le ragioni per cui é alla famiglia che compete l’educazione dei figli, ponendo in risalto quattro ordini di motivi:
- il perfezionamento della vita umana,
- l’attitudine naturale dei genitori ad educare,
- il naturale equilibrio dell’ambiente familiare,
- la prova dei fatti.
L’uomo, dal momento della nascita, si muove nell’ambiente familiare; appartiene alla famiglia. E’ vero che fa anche parte di una società, di una nazione e che é suddito di uno Stato; ma é la famiglia - di fatto e di diritto - dove prima vive e si sviluppa. L’istinto di conservazione e, in genere, le qualità che gli animali hanno sin dall’infanzia, sono completamente assenti dal bambino. Egli necessita delle cure della famiglia, in particolare della madre, per i suoi primi anni. La famiglia é incaricata dalla natura stessa di badare e guidare il bambino nel corso della sua crescita e formazione: é in essa che prima e primordialmente acquisisce quegli abiti che l’educazione gli deve impartire.
Il bambino acquisisce le prime conoscenze in famiglia. Come scrive Michel Creuzet "il primo risveglio del suo spirito ha come centro la famiglia. I genitori non sempre possiedono la capacità di elevare il livello delle sue conoscenze di molto. In ciò potranno venire aiutati da altre comunità. Ma il fatto é che, normalmente, é nella famiglia in cui si assorbono le prime conoscenze, soprattutto stando vicino alla madre. Ivi si acquisisce il senso della realtà, il buon senso, di cui il giovane avrà tanto bisogno nel momento della sua formazione intellettuale, se vuole rimanere equilibrato".
E’ nella famiglia in cui "si acquisisce, normalmente, il senso della verità. I genitori degni di questo nome combattono le bugie sin dall’infanzia. Siccome amano i propri figli e figlie, non tollerano che la visione soggettiva delle cose, i sogni, prendano il sopravvento sulla realtà" (3).
La famiglia, l'educazione familiare, é scuola di realismo. Non può acconsentire, e non acconsente, a che l'utopia s'imponga sulla realtà. E' in essa che la natura - cioè le abitudini e la ragione, che sono elementi dell'educazione - ottiene il miglior sviluppo per il bambino, in quanto mezzo più naturale.
Nella famiglia si raggiunge il perfezionamento della vita umana in modo molto migliore che al di fuori di essa, per quanto "perfezionati" siano i centri nei quali si "rinchiudano" i bambini, perché una delle caratteristiche della famiglia é l'amore che unisce i suoi membri.
Quest'amore rende possibile la salvaguardia da possibili carenze ed é la base dell'educazione dell'infanzia e dell'adolescenza: non c'è nulla di meglio per una buona educazione. I genitori, volendo educare i figli nella verità, insegnano loro sin da piccoli che non si deve mentire e li riprendono con soavità quando ciò accade; volendoli educare al bene, li avvertono di non cercare altro che questo e li allontanano da tutto ciò che é nocivo. I figli accettano la volontà dei genitori per l'affetto che loro portano, per quell'amore che fa sì che quanto dicono i genitori sia sempre vero e fa sì che per essi i genitori rappresentino la sapienza e la bontà.
Quest'amore, per il quale si sopportano gli oneri più pesanti con pazienza, non dura solo i primi anni, ma - con forza maggiore o minore - si estingue solo con la morte.
Le possibili eccezioni non valgono a smentire quanto é universalmente provato nei fatti di generazione in generazione.
Se proprio ai nostri giorni l'amore familiare tra genitori e figli non sembra così forte, è perché, in un modo o nell'altro, si é smesso l'esercizio dei doveri che esso esige, sia per la negligenza dei genitori (che abbastanza frequentemente si sono abituati a portare i figli nei collegi, senza preoccuparsi dell'educazione che vi viene impartita), che a causa di dottrine pedagogiche - politiche o pretestuosamente religiose - che, per difendere la cosiddetta formazione autonoma della personalità infantile, lo abbandonano a se stesso, specialmente nell'ambito morale, rompendo i legami che precedentemente univano genitori e figli, facendo allontanare i genitori e raffreddandone l'amore.
Non é l'amore, ma piuttosto sua la mancanza a provocare certe situazioni. L'amore presuppone il rispetto e la sopportazione, il riprendere e il castigare quando é necessario. Se queste cose mancano oppure senza vero amore, come sarà possibile una buona educazione?
E' proprio la mancanza di vita familiare che fa crescere il bambino maleducato. Dove manca la famiglia, la delinquenza, ad esempio, é proporzionalmente maggiore.
Alcune teorie sostengono che debba essere lo Stato ad occuparsi dell'educazione dei bambini, il che costituisce un autentico attentato contro la natura: lo Stato non é né padre né madre. Lo Stato non ama: in qualche caso ci potrà essere amore verso determinati bambini da parte di alcuni suoi funzionari, ma mancherà l'amore basilare di cui ogni bimbo ha bisogno e che riceve nella sua famiglia.
Il bambino fa parte della famiglia, partecipando di quanto essa é e di quanto in essa esiste. Come segnala Creuzet, il bambino é un erede: erede di un retaggio morale, spirituale e materiale, "eredi, i bambini non si trovano nella famiglia, ma sono della famiglia. Non sono corpi estranei, ma rami dello stesso albero destinati a crescere ricevendo la stessa linfa di saggezza" (4).
Nella famiglia, il bambino cresce in modo equilibrato, perché si sviluppa nell'ambiente più naturale; in essa apprende a conoscere e ad amare quanto lo circonda, dando vita ai legami sociali più durevoli, stabili e più necessari alla vit.
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Note :  Cfr. Michel Creuzet, L’Enseignement, Club du livre civique, Parigi 1965, pp. 10-23.

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