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lasciata all’iniziativa privata e ai comuni.

La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola

è indipendente dal controllo dello Stato”

Antonio Gramsci, Grido del Popolo, 1918

lunedì 27 giugno 2016

"In famiglia si ama permanentemente per il fatto di essere, di esistere" - Pillole estive di orientamento familiare (1)


Pretendere di abbracciare il significato e le sfide dell’adolescenza in un articolo o in uncortometraggio è un compito impossibile. Quello che però possiamo fare, basandoci sul video proposto, è offrire quattro idee generali su questa tappa della vita, che aiutino i genitori o i formatori di adolescenti a riflettere e a indagare un po’ di più su quello che implica il fatto di accompagnare un essere umano in questo momento della sua esistenza, in cui si mette in gioco una cosa così importante come avanzare verso l’autonomia responsabile e gettare solide basi per la maturità psicologica e l’adattamento sociale.
1. L’adolescenza non è un capitolo da reality
C’è un’idea che a causa della proliferazione di contenuti mediatici sembra essere universale: la crisi dell’adolescenza è una tappa orribile in cui i genitori devono approntare scudi e lance per poterla superare. Non è così. L’adolescenza non si manifesta necessariamente in una ribellione quasi delinquenziale e demenziale. Quei giovani perduti che si vedono in televisione, che arrivano anche ad aggredire fisicamente i genitori, sono questo: casi eccezionali per lo schermo che non riguardano neanche il 15% degli adolescenti in generale. In genere, inoltre, questo tipo di condotta è direttamente correlata a problemi familiari più strutturali che non sono il tema di questo post. Se si è fatto un buon lavoro per formare i figli fin dall’infanzia, la cosa più probabile è che ci sia un adolescente che vive la sua crisi di crescita e i suoi dubbi personali senza sangue né barriere. Considerare l’adolescenza una crisi dalle tinte patologiche non farà altro che far interpretare tutti i comportamenti del figlio come qualcosa di negativo e genererà un atteggiamento difensivo da parte dei genitori. L’adolescenza sì, è una crisi, ma una crisi nella via della maturità. I genitori, come ci dice Gerardo Castillo Ceballos nel suo libro “El adolescente y sus retos: la aventura de hacerse mayor”, “vedendo l’adolescenza come una malattia reprimono condotte che sono normali in questa età e che svolgono una funzione necessaria allo sviluppo personale. Hanno qui origine alcuni atteggiamenti negativi di molti genitori di figli adolescenti: l’autorità impositiva; l’incomprensione; la mancanza di rispetto; l’intolleranza; l’impazienza; la sfiducia. Sono genitori che anziché aiutare i figli a esercitare le nuove capacità (riflessione, senso critico, ragionamento, autonomia morale, intimità, apertura all’amicizia…) si dedicano, con le migliori intenzioni, a ostacolarle. In questo modo non solo ritardano la maturazione dei propri figli, ma provocano situazioni di mancanza di comunicazione e conflitto”.
2. Gli adulti sono guide alpine, non gli escursionisti
L’adolescenza è un processo di costruzione personale. Questo vuol dire che nulla può sostituire il protagonismo dell’adolescente in questa tappa. Anche se i genitori sono artefici dell’educazione dei propri figli, il loro vero compito è essere un’autorità per loro. Qui ci riferiamo all’autorità come quando diciamo “il dottor Rossi è un’autorità in pediatria”, ovvero quando confidiamo pienamente nel criterio del dottor Rossi nel curare un bambino. Non perché Rossi grida o impone, ma perché dimostra con la sua azione professionale di essere competente. Nel caso dei genitori, intendiamo l’autorità come ci dicono Bárbara Sotomayor Rodríguez e Alberto Masó Portabella nel loro libro Padres que dejan huella: cómo ganarse la autoridad y el ser líder de tus hijos, ovvero come “quella competenza che possiedono per portare i propri figli alla maturità”. Per raggiungere questo obiettivo non ci si possono aspettare risultati a breve termine né si può vivere per i figli. Il ruolo di un genitore è essere una guida. “La guida alpina non cammina per gli escursionisti. Sono loro che devono camminare fino ad arrivare a destinazione. La guida non può neanche restare al rifugio e dire agli escursionisti di seguire le sue indicazioni. La guida e gli escursionisti camminano insieme. La differenza è che questo ha più esperienza degli altri”.
3. L’adolescenza e lo tsunami affettivo
Se c’è una cosa che caratterizza l’adolescenza è la “valanga” affettiva che in genere spiazza gli adulti. Nella pubertà l’adolescente inizia a sperimentare cambiamenti fisici che poi si spostano all’intimità, generando crisi di personalità, per poi finire, se è stato compiuto un buon cammino fin dall’inizio, in una tappa di equilibrio ed entusiasmo per la vita. Tutto questo in un periodo di circa 10 anni. In questo “tour dell’escursionista” appaiono risposte esagerate, grida, porte sbattute, pianti e ira che rivoluzionano la convivenza fino a quel momento pacifica. Questa valanga di emozioni si può manifestare anche nel ritrarsi, nell’incomunicabilità e nell’abbattimento.
Ad ogni modo, ciò che conta è sapere che l’adolescente non è impazzito né è posseduto da un entità sconosciuta che ha soppiantato il tenero bambino che si aveva fino a poco prima. Prima di chiamare l’esorcista del quartiere, è raccomandabile cercare di capirlo, accettarlo e saperlo guidare (accompagnarlo). Per fare questo, è compito di ogni genitore o formatore informarsi e cercare aiuto per compiere i passi giusti come guide, creando un ambiente che favorisca l’adattamento del ragazzo. C’è letteratura in abbondanza al riguardo, come non mancano persone qualificate. Quello che non si deve fare è far passare inosservata questa tappa senza sapere come agire. Prevenire è meglio che lamentarsi in seguito, soprattutto se parliamo della vita di un figlio.
4. In famiglia si ama per il fatto di essere 
“Chi può non domandare alla famiglia umana di essere una vera famiglia, una vera comunità, dove si sta amando l’uomo, dove si sta amando ciascuno per il solo titolo che è un uomo, che è quello unico, irripetibile, che è una persona?”. Con queste parole Giovanni Paolo II descrive una realtà che in definitiva non cambia quando quel piccolo bambino che guardava solo attraverso i nostri occhi diventa quell’essere strano che ci sembra più complicato di una formula di fisica quantistica. Ma, come dice bene il testo citato, in famiglia si ama permanentemente per il fatto di essere, di esistere, indipendentemente dal ruolo sociale o professionale. Non è un amore condizionato. È in famiglia che si entra liberamente e con fiducia, lasciando fuori tutte le maschere, perché dentro casa non sono più necessarie. Ed è con quell’amore che si devono amare i figli adolescenti, nonostante le loro grida, le sgarberie o le crisi esistenziali. Perché non si tratta solo di accettarli e quindi amarli con rassegnazione. È qualcosa di più grande: è solo attraverso un amore incondizionato – senza abbandonare la fermezza e l’esigenza – che riusciranno a compiere quel grande passo dall’infanzia all’età adulta in modo armonioso, sentendosi sicuri di sé, con un’autostima salutare e con speranza per il futuro. Amarli non è una cosa che si deve dare loro come premio per la buona condotta. Al contrario. Solo con un amore sereno e maturo da parte dei genitori impareranno ad amare in modo maturo, completo e incondizionato se stessi e il prossimo. Una cosa senz’altro imprescindibile per raggiungere la vera felicità.
  


martedì 14 giugno 2016

L’educazione ai valori difende gli adolescenti dalla depressione



I giovani che preferiscono attività che portano a una gratificazione rapida ma carente di significato sono più soggetti al malessere psicologico.

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Articolo tratto da  aleteia.org
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La sensazione di benessere negli adolescenti, un potente vaccino contro la depressione, potrebbe dipendere dalla ricerca del piacere attraverso i valori tradizionali, come la famiglia, la cultura o la moralità, di fronte ad altre ricompense più immediate ma prive di contenuto e centrate su se stessi. Lo indica uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS).

Il lavoro, guidato da Adriana Galván, esperta nel cervello adolescenziale dell’Università di Los Angeles, suggerisce che gli adolescenti il cui sistema di ricompensa cerebrale risponde maggiormente ad attività che favoriscono l’autorealizzazione corrono meno il rischio di sperimentare sintomi depressivi nel corso della vita. Al contrario, i giovani che preferiscono attività che portano a una gratificazione rapida ma carente di significato sono più soggetti al malessere psicologico.

Si tratta del vecchio dilemma della ricerca della felicità attraverso il piacere immediato (edonismo), potenzialmente pregiudizievole, o a lungo termine e più salutare (eudaimonia), già posto da Aristotele nel IV secolo a.C., anche se questa volta viene rivisto dalla neuroscienza, che sembra far pendere la bilancia a favore delle argomentazioni del filosofo: il benessere psicologico duraturo si ottiene attraverso le attività con un significato e un proposito, come l’aiuto agli altri, la collaborazione con la famiglia e nella cura dei fratelli, l’espressione della gratitudine o la ricerca di obiettivi a lungo termine.

Il cervello di 39 giovani con un’età media di 17 anni ha apportato le prove in uno studio dell’immagine cerebrale che secondo gli autori è il primo a collegare il benessere o il malessere mentale alla predilezione degli adolescenti per le ricompense rispettivamente differite o immediate.

Maggior rischio nell’adolescenza

I sintomi depressivi hanno un picco proprio durante l’adolescenza, in particolare verso i 17-18 anni. Ciò è dovuto in parte al fatto che negli adolescenti il sistema di ricompensa cerebrale, incaricato di processare il piacere, mostra un’attivazione molto superiore rispetto ai bambini e agli adulti, soprattutto quando si associa a condotte a rischio. Per questo, in questa tappa della vita la ricerca di gratificazioni è esacerbata e il rischio di cadere in abitudini inadeguate è più elevato.

I ricercatori guidati dalla Galván affermano tuttavia che si sa poco di come il cervello risponda alle varie forme di ottenere piacere in questa tappa della vita, pur avendo importanti implicazioni sul benessere psicologico futuro. Per questo si sono proposti di verificare come la sensibilità neurale alle ricompense immediate o differite, entrambe associate alla stessa zona del cervello, lo striato ventrale, sia capace di predire nell’adolescenza la comparsa di possibili sintomi depressivi in futuro.

Hanno anche verificato che quando questa zona del cervello si attiva di più di fronte ad attività che promuovono un piacere centrato su se stessi o di fronte a condotte a rischio, la probabilità di sviluppare sintomi depressivi aumenta con il tempo. Quando i giovani sperimentano piacere in comportamenti con un significato più altruista o orientati al raggiungimento di obiettivi, il rischio di malessere psicologico in futuro si riduce.

Sistema di ricompensa

Il motivo potrebbe essere la risposta del sistema di ricompensa. Le attività puramente edonistiche, centrate su se stessi, non apportano strategie per ottenere un benessere duraturo. Esempio di queste fonti di piacere sarebbero il cibo, i videogiochi o lo shopping, tutti capaci di creare dipendenze quando vi si ricorre in modo patologico.

Al contrario, quando il piacere deriva da attività con qualche fine sociale o personale, potrebbe riflettere una motivazione volta a comportamenti che aumentano la sensazione di autostima e non dipendono tanto da fattori esterni quanto da fattori intrinseci alla persona.

Modificare l’intensità della risposta cerebrale degli adolescenti alle varie fonti di piacere non è facile, riconoscono gli autori, visto che può dipendere da fattori genetici. Posto che la risposta del sistema di ricompensa dipende dal contesto, tuttavia, orientarli verso attività provviste di un significato, che favoriscono una sensazione di autocontrollo, competenza, appartenenza al gruppo, connessione sociale e benessere duraturo, li aiuta ad acquisire strategie che garantiscono una migliore salute psicologica e una maggiore stabilità emotiva.

venerdì 10 giugno 2016

Se per miracolo....


Con una carica enorme di emozioni, si è chiuso questo anno scolastico. Un fine d'anno decisamente speciale, almeno per i nostri 16 pionieri che affronteranno a settembre la prima media. A loro e per loro...



SE PER MIRACOLO

Musica: Chopin
Testo:  F. Rossi

Se per miracolo io fossi il sole,
per te soltanto risplenderei
Non soffriresti più,
non piangeresti più
perché io ti farei 
carezze tiepide d'affettuosa luce...
se per miracolo io fossi il sole

(interludio musicale)

Se per miracolo fossi una rosa
per te soltanto io sboccerei...
Non soffriresti più
non piangeresti più
perché io ti darei 
profumi e petali della primavera
se per miracolo fossi una rosa...

Se per miracolo...