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testo

“Noi socialisti dobbiamo essere propugnatori della scuola libera,

lasciata all’iniziativa privata e ai comuni.

La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola

è indipendente dal controllo dello Stato”

Antonio Gramsci, Grido del Popolo, 1918

sabato 26 gennaio 2019

"Educare la mente senza educare il cuore significa non educare affatto” (Parte 2/3)

Continuiamo  oggi con la trattazione dell'educazione emotiva. Oggi parliamo in particolare delle emozioni distruttive e di come imparare ad affrontarle con i nostri figli.

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Le relazioni emotive stabilite durante l’infanzia determinano gran parte del futuro di una persona. Tradizionalmente, la razionalità è il cuore dell’educazione, ma ad essa sono strettamente collegate le abilità emotive e sociali.

E’ quindi bene educare il cuore perché se oggi ci occupiamo delle emozioni domani avremo meno problemi causati dai conflitti tra esse.

È bene educare il cuore anche perché la plasticità neurale propria dell’infanzia ci aiuta a modellare lo sviluppo cerebrale, fomentando così il potenziamento di circuiti sani.

Il punto più importante sul quale lavorare è il momento in cui veniamo colti da un’emozione, perché è lì quando possiamo imparare a gestirla al meglio. In altre parole, l’apprendimento è maggiore tramite la pratica, perché le emozioni sono qualcosa di intangibile e astratto, difficili da comprendere senza l’esperienza.

Ad esempio, se un bambino impara a riconoscere le proprie emozioni negative, come l’ira o la rabbia, impara poi a gestirle meglio e ad affrontarle con successo. Tuttavia, purtroppo, attacchiamo di frequente le emozioni dei nostri figli: se si arrabbiano, noi li castighiamo o ce la prendiamo con loro.

Questa reazione degli adulti fa dedurre ai bambini di non dover condividere certe emozioni e, pertanto, finiscono per perdere il contatto con esse. Il risultato non è la scomparsa dell’emozione in questione come si potrebbe pensare, bensì un indurimento del rapporto tra genitori e figli.

Anche se il termine “educazione emotiva” è molto attraente, dobbiamo fare attenzione quando la mettiamo in pratica. Quando insegniamo accuratamente a fare le addizioni e le sottrazioni, dobbiamo impegnarci ad istruire anche il cuore.

Il bambino deve imparare ad individuare i segnali offerti  dai sentimenti e deve impiegarli come base per prendere decisioni adeguate al clima affettivo che respira nel suo ambiente.

A questo scopo, dobbiamo trasmettere un messaggio chiaro ai bambini: tutti i sentimenti sono ben accetti, sono gli atteggiamenti che talvolta vanno corretti. Per svilupparsi emotivamente, è fondamentale capire che tutti, in certe situazioni, avvertono gelosia, pigrizia, delusione, ecc. La cosa più importante è che imparino a familiarizzarsi con questi sentimenti e ad esprimerli in modo adeguato.

Per riuscirci, dobbiamo preoccuparci di dare ai più piccoli degli strumenti che li supportino. Questo concetto è molto importante, perché ci sono tanti bambini timorosi dei loro sentimenti: il loro problema è che non sono in grado di separarli dal comportamento.

In altre parole, è molto importante che il bambino capisca che, se è stato rimproverato dopo aver espresso dell’ira, non è stato a causa dell’emozione in sé, ma della sua condotta. Una buona soluzione per riuscirci è raccontargli una storia su un bambino immaginario che ha provato quell’emozione e che ha risolto la situazione agendo in un modo diverso. Possiamo invitarlo anche a comunicarci le sue sensazioni, a esprimerle in un disegno o in un piccolo testo.

In questo modo, il bambino ha la possibilità di imparare a calmarsi prima di pensare e di agire. È normale che si arrabbi o avverta gelosia, ma deve capire che alla radice del suo atteggiamento c’è un’emozione.

Non bisogna dire ai bambini di calmarsi, ma invitarli a comprendere che certi stati emotivi sono spiacevoli per tutti. Per controllare il comportamento derivante dalle sue emozioni, deve imparare a trattare gli altri nello stesso modo in cui lui vuole essere trattato da loro.

Tutte le strategie che contengano giochi, racconti e dinamiche divertenti sono adeguate per favorire l’assorbimento dei principi di cui abbiamo parlato in questo articolo. In questo modo, aiuterete i vostri figli a sviluppare la loro capacità di pensiero e di pianificazione, così da evitare situazioni complicate e infelici.



Fonte principale: “Le emozioni distruttive”, Daniel Goleman

sabato 19 gennaio 2019

"Educare la mente senza educare il cuore significa non educare affatto” (Parte 1/3)

Iniziamo con oggi la trattazione di un argomento che consideriamo molto importante: l'educazione emotiva. Oggi ne parliamo prendendo come riferimento alcune figure molto importanti nell'ambito educativo, insieme ad un progetto di formazione originale sperimentato in alcune scuole italiane. 


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«L’educazione emotiva non l’hanno “inventata” negli Usa, ma un secolo fa Maria Montessori e poi, a seguire tutti i grandi pedagogisti italiani fino a Franco Lorenzoni (…)», così esordisce Paolo Crepet in un post su facebook dal sapore polemico. 
Al centro della riflessione dello psichiatra il progetto sull’educazione emozionale portato avanti in alcune scuole di Firenze e Verona attraverso il metodo Ruler e realizzato da Per Lab, spin-off dell’Università degli Studi di Firenze diretta da Laura Artusio, in partnership con lo Yale Center for Emotional Intelligence. 
«Purtroppo i giornali, anche quelli più blasonati – continua nel suo post Crepet – pensano che la notizia sia più succulenta se ha attraversato l’Atlantico… ». L’articolo al quale fa riferimento è del Corriere della Sera online che riporta l’esperienza e i successi raggiunti in una scuola fiorentina, attraverso il metodo di educazione emozionale Ruler e in particolare con uno degli strumenti di cui si avvale: il Mood Meter, il diagramma delle emozioni.

Il metodo Ruler, acronimo di Recognizing, Understanding, Labeling, Expressing and Regulating emotion è un programma sull’intelligenza emotiva sviluppato dall’Health, Emotion and Behavior Laboratory (HEB) della Yale University.

La riflessione svolta da Paolo Crepet sul valore di eminenti studiosi italiani nella realizzazione di innovativi sviluppi in ambito pedagogico, non esaurisce l’importanza di riflettere sull’originalità dell’intuizione che sta alla base del metodo Ruler. Abbiamo pertanto raggiunto al telefono Laura Artusio, psicologa e direttrice di Per Lab che ci ha illustrato questo approccio educativo.

«Di educazione emozionale ne parlavano già i filosofi di epoca greco-romana. I nostri partner americani di Yale, più che inventarla, hanno messo a punto una cornice teorica ed una metodologia efficace per sviluppare le abilità dell’intelligenza emotiva. Il modello nasce nei primi anni del 1990 ad opera di Peter Salovey e John D. Mayer. Dal loro modello, che definì le abilità dell’intelligenza emotiva, è stato sviluppato negli ultimi vent’anni un metodo per tradurre tutto ciò in educazione emozionale. Marc Brackett, che oggi dirige lo Yale Center for Emozional Intelligence, è il principale autore del metodo Ruler. Negli Stati Uniti quest’anno le scuole che lo applicheranno sono più di 5000, noi in Italia formiamo gli insegnanti in modo tale che la scuola sia autonoma e lavoriamo con tutta la comunità scolastica (dirigente, docenti e anche con le famiglie) per fornire i giusti strumenti ed avere un linguaggio comune sulle emozioni. Non ci sostituiamo ai genitori, ma come avvenne nello sviluppo del linguaggio musicale, li dotiamo di un “pentagramma” per acquisire una maggiore comprensione delle emozioni». 
A proposito della critica mossa da Crepet, la dottoressa Artusio ha sottolineato come, in generale, solo dal confronto e dal dibattito fra diversi approcci presenti in ambito internazionale si possa giungere ai migliori risultati in ogni campo scientifico, compreso quello psicopedagogico, senza per questo accampare diritti di primogenitura da parte di nessuno.



In merito all’argomento abbiamo ascoltato anche Furio Pesci, professore associato di Storia della Pedagogia presso la Facoltà di Medicina e Psicologia dell’Università di Roma “La Sapienza” e presidente del Comitato Scientifico della Fondazione Montessori Italia.


Esistono punti di contatto tra il metodo Ruler e la pedagogia montessoriana?

Maria Montessori già un secolo fa parlava di una sorta di intelligenza emotiva. L’ha descritta nelle sue opere raccontando dei primi bambini che usavano il suo metodo mettendone in evidenza la miglior capacità di autocontrollo e socializzazione sviluppata, rispetto ai compagni di pari età nelle scuole tradizionali. Tutto questo è presente, già un secolo fa, non soltanto negli studi montessoriani ma in tanti pedagogisti e educatori italiani e stranieri. L’importanza nella scuola dello sviluppo emotivo e dell’affettività, per cui l’ambiente scolastico non deve essere solo un luogo di trasmissione di conoscenze ma anche un luogo di benessere e di armonia in cui il bambino dovrebbe riuscire a crescere anche sul piano affettivo, non è una cosa inventata adesso.



Cosa pensa del metodo Ruler e del diagramma delle emozioni?

Penso, per quello che ho potuto conoscere, che sia interessante ed utile per i bambini che oggi condividono con gli adolescenti un grave problema: un lessico molto inadeguato per parlare dei propri vissuti. Se stanno male si esprimono per lo più con delle parolacce, e se stanno bene usano tre o quattro espressioni del tutto vaghe. Non hanno letteralmente parole, non conoscono vocaboli per esprimere le sfumature delle loro emozioni e questo crea in loro problemi anche nel modo di vivere ciò che provano, perché, se non hai le parole per comunicare le emozioni, in un certo senso non sai neppure distinguerle. Un’altra difficoltà presente attualmente nelle famiglie è che nessuna delle de figure adulte è stabilmente presente in casa, e i mezzi di comunicazione, gli strumenti digitali e i telefonini hanno ormai invaso la vita quotidiana imponendo nuovi linguaggi e creando una realtà alternativa e virtuale. Tutto ciò allontana le persone le une dalle altre. Per esempio in molte famiglie si pranza e si cena con il cellulare sul tavolo, e questo incide e secondo me influenza negativamente la consapevolezza di sé del giovane, impoverendo la capacità dell’individuo di esprimere se stesso.



Anche la professoressa Clara Tornar, direttrice del master in Pedagogia e Metodologia montessoriana all’Università Roma Tre, ci ha spiegato i punti in comune tra il metodo Ruler e il metodo Montessori:

«Vi sono molti aspetti nella pedagogia montessoriana che richiamano l’educazione emotiva. Da quello che ho potuto vedere del lavoro portato avanti dal laboratorio Per Lab di Firenze, si tratta di un metodo di sensibilizzazione alla percezione della diversità delle emozioni e quindi insegna ai bambini, e li fa esercitare, a differenziare le proprie e altrui emozioni. Ben vengano queste attenzioni e questi metodi, sono attività sempre utili. La pedagogia di Maria Montessori individua l’educazione emozionale in un contesto più ampio di apprendimento nel quale lo sviluppo di competenze di tipo cognitivo, attraverso le attività che si fanno per accrescere le potenzialità intellettive della mente, è sempre connesso ad un lavoro di tipo emozionale. Tutte le attività si esplicano in un ambiente che favorisce il miglioramento della socializzazione oltre che della consapevolezza di sé attraverso la conoscenza dei proprio punti di forza e di debolezza. Il linguaggio montessoriano si colloca su un registro diverso, ma l’educazione emotiva è un obiettivo implicito in tutte le attività di apprendimento che si compiono. Nella scuola italiana difficilmente si pensa in modo sistematico a raggiungere finalità che sviluppino competenze di tipo emotivo, le quali poi sono conquiste fondamentali strettamente connesse a quelle di tipo cognitivo: è bene quindi che su questo argomento ci si rifletta attentamente».


Alla luce delle considerazioni svolte dagli studiosi intervistati, viene da riflettere che spesso la modernità riscopre intuizioni ben presenti nella saggezza popolare e nella grande tradizione filosofica antica. Eraclito infatti affermava: “il carattere dell’uomo (e non solo la sua intelligenza) è il suo destino” e ancor di più Aristotele sottolineava: “educare la mente senza educare il cuore significa non educare affatto”.

giovedì 10 gennaio 2019

SAVERIO SGROI: Per educare, è sempre più efficace l'esempio positivo rispetto alla critica negativa

Saverio Sgroi è un educatore e consulente familiare che opera principalmente nella regione siciliana. Nel corso del suo lavoro ha incontrato migliaia di studenti e affrontato tanti temi legati all'educazione e la famiglia. Ha scritto alcuni libri, tra cui una guida per genitori sul tema " Dare senso la cuore: l'educazione affettiva e sessuale degli adolescenti". 
Già in passato abbiamo riportato alcuni suoi importanti interventi e oggi proponiamo una parte del suo intervento sul modello educatico per genitori di ragazzi e ragazze adolescenti (qui è leggibile l'articolo completo e originale)

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In educazione, l’esempio positivo – che non vuol dire non avere limiti e difetti – è sempre più efficace della critica negativa. E oggi lo è ancora di più, perché il mondo ha un estremo bisogno di modelli credibili. Pertanto, di fronte al figlio adolescente che riempie la stanza (o il suo cellulare) delle immagini dei propri idoli, dovremmo ricordarci sempre che mentre gli idoli passano noi rimaniamo sempre papà e mamma. E un papà e una mamma che invece di brontolare e criticare i giovani di oggi si sforzano di comprendere questo mondo così diverso da quello della loro adolescenza, hanno sui loro figli un’efficacia di gran lunga superiore. I figli ci guardano in maniera particolarissima e si aspettano da noi che facciamo i genitori, che significa sostanzialmente che gli mostriamo di amarli, anche quando mettono alla prova la nostra pazienza, che in realtà è un mettere alla prova il nostro amore per loro.

Grande è la sorpresa, per esempio, quando leggo ai genitori le risposte che i loro figli tredicenni danno alla domanda “Chi sono tra gli adulti,le persone per te più significative? E perché?”. Quasi tutti i ragazzi rispondono che sono i genitori e i motivi sono sempre gli stessi: “perché mi vogliono bene, perché sono il mio punto di riferimento, perché so che potrò contare sempre su di loro, perché anche quando mi rimproverano so che lo fanno per il mio bene”. 

Alcuni ricorderanno alcune parole che ho citato in passato  a proposito di come i tredicenni guardano i loro genitori, parole che per comodità riporto anche adesso: «Mio padre sì che è un vero amico, perché so che non mi lascerà mai, mi starà sempre accanto nella vita, mi supporterà sempre». «Mio padre mi corregge se faccio degli sbagli e mi insegna a comportarmi da persona adulta». «Mia madre mi sostiene in tutto, mi dà degli ottimi consigli e mi aiuta quando sono triste e non ho voglia di fare niente. Anche se ha i suoi problemi li mette da parte per dedicarsi a me». «Mio padre è come un fratello, con lui mi confido e mi diverto. Non saprei come potrei fare senza di lui».  
Queste parole dovrebbero metterci una grande pace nel cuore. Qualche tempo fa ho letto Lettera ad un adolescente, di Vittorino Andreoli. C’è un passo della sua lunga lettera ad un immaginario adolescente in cui l’autore, parlando dei genitori e sapendo che in fondo al cuore ogni figlio è in  grado di comprendere e sposare queste parole, scrive: “Mi piacerebbe pensare a tuo padre come a un educatore autorevole, ma se non è così, se non lo è, non sognare solo di andartene, ma pensa che tu stesso lo puoi aiutare, e non dimenticare mai che è quello che hai. E che ti vuole bene, magari a modo suo. Nella vita incontrerai tante persone, grandi amici; troverai l’amore, una bella ragazza che ti capisce o, se sei una femmina, un bel ragazzo che ti aiuti a vivere. Ma sappi che tuo padre e tua madre rappresentano l’unico esempio di chi ti vuole bene per sempre, anche quando sbagliano. E possono persino farti del male, volendoti bene.”
I ragazzi guardano sempre agli adulti, a chi è più grande di loro, e lo fanno per immaginare il loro futuro. La loro rabbia, le loro frustrazioni, le loro delusioni che spesso emergono nel comportamento ribelle mostrano tutta la delusione verso un mondo degli adulti dal quale si sentono traditi. Sembrerebbe che non sia una novità, dato che quella della contestazione è una reazione che negli adolescenti c’è sempre stata; ma in realtà una novità c’è, ed questa inedita globalizzazione della scomparsa di adulti che siano modelli credibili e da guardare per immaginare un futuro migliore. Il vero problema non è che i ragazzi siano attratti da modelli “trasgressivi” perché, ripeto, da che mondo è mondo è sempre stato così; il vero problema è il preoccupante vuoto che circonda gli attuali adulti a cui guardano gli adolescenti.
Per questo ed a maggior ragione, i genitori sono chiamati a costituire quei modelli credibili che, superata la normale fase della contestazione, rimarranno per i figli la luce che li aiuterà a coltivare la speranza in un mondo migliore. “Non esiste vento a favore per il marinaio che non conosce il porto di arrivo”, scriveva Seneca. Qual è il porto di arrivo che facciamo immaginare ai nostri ragazzi? Come li aiutiamo a sognare? Come li incoraggiamo a superare le difficoltà della vita, sapendo che comunque il porto è lì che li aspetta, nonostante le tempeste ed i venti impetuosi che soffiano contro?
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mercoledì 2 gennaio 2019

Il nostro presidente Valter Brugiolo racconta la sua storia


Il nostro preside e presidente ha, di recente, partecipato alla campagna di sensibilizzazione sulla donazione di organi "Una scelta consapevole - il trapianto è vita": quanta vita c’è dentro la scelta di donare gli organi? Valter Brugiolo, che ha ricevuto un rene dalla moglie Alessandra, lo racconta in questo spot che sta circolando in questi giorni sui social #ioscelgolavita

Guarda qui lo spot: 
il video di Valter