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testo

“Noi socialisti dobbiamo essere propugnatori della scuola libera,

lasciata all’iniziativa privata e ai comuni.

La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola

è indipendente dal controllo dello Stato”

Antonio Gramsci, Grido del Popolo, 1918

venerdì 18 settembre 2015

"Lettere da Mariele" il nuovo libro dedicato alla piccola grande direttrice del Piccolo Coro dell'Antoniano


"Lettere da Mariele... 
Oltre le note dello Zecchino d’Oro"

A vent’anni dalla scomparsa di Mariele Ventre, creatrice e direttrice del Piccolo Coro dell’Antoniano, la Fondazione Ventre, presieduta dalla sorella Maria Antonietta, ha deciso di ricordarla pubblicando alcune delle oltre 30000 lettere, quelle più significative, da Lei inviate in ogni parte del mondo.
Ne è nato così un libro che anche un ritratto semi sconosciuto che stimola non solo ad un salto di qualità personale e professionale ma traccia anche una solida via all’elevazione spirituale: assoluta dedizione al lavoro, fermezza nello svolgerlo, educazione canora dei bambini con un personalissimo metodo didattico, ma anche ricerca continua di una formazione ed elevazione spirituale che pochi conoscevano.
Il libro è diviso in varie sezioni ed ognuna di queste inizia con uno stringato ricordo personale della sorella, definizioni e citazioni di grandi personaggi relativi all’argomento trattato. Infine le lettere di Mariele che anche a distanza di decine di anni conservano una validità ed una freschezza incredibili.
Sorprende la estrema semplicità ed umiltà nello scrivere, sia che le lettere venissero inviate a personaggi famosi e importanti, sia che fossero destinate a gente qualunque.

Per l'acquisto del libro è possibile chiedere informazioni alla Fondazione Mariele Ventre (tel. 0514294083) oppure farlo direttamente on line dal sito della casa editrice Minerva Edizioni (qui)


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A seguire l'articolo apparso su "La Repubblica" 

"Cara Mariele ti scrivo” ecco il suo epistolario

di Luca Sancini, La Repubblica 26 agosto 2015

«MARIELE portava sempre in Sardegna, dove trascorrevamo le vacanze, una valigia con le lettere ricevute. Un giorno chiese 800 francobolli al tabaccaio, e lui non glieli voleva dare. Pensava facessimo del contrabbando». Sorride al ricordo Maria Antonietta Ventre, sorella di Mariele, storica direttrice del Piccolo Coro dell’Antoniano, scomparsa vent’anni fa. Quella mole di affrancatura degna di un ufficio postale le serviva per rispondere alla montagna di lettere che ricevette ogni giorno, dopo chela tv l’aveva portata in tutte le case d’Italia e poi all’estero, dal Giappone all’Australia. Lei, i capelli tagliati corti, il sorriso dolce, il mago Zurlì Cino Tortorella, il frate Berardo Rossi, i bambini del Coro, furono e sono ancora per tanti l’immagine dello Zecchino d’Oro, nato nell’ottobre del 1963. Una popolarità racchiusa in 15 mila lettere che nel corso degli anni arrivarono a Mariele, e alle quali lei rispose una per una, e ora custodite dalla Fondazione a lei dedicata. «Libri su di lei ne erano giù usciti – racconta Giuliano Musi, ex giornalista di Stadio e specializzatosi in libri su personaggi e storie bolognesi – Serviva qualcosa che la raccontasse al di là dello Zecchino: che ragazza era stata, quali sogni aveva avuto, come aveva vissuto quella popolarità. Così la sorella mi ha parlato delle lettere, dicendomi: “C’è la vera Mariele in questi fogli“».
Selezionate trecento lettere, scandite anche da episodi inediti di vita familiare, è nato così “Lettere da Mariele” edito da Minerva. Maria Rachele, come registrata all’anagrafe, si era laureata in pianoforte a Milano, con l’intenzione di diventare una concertista, ma fu Frate Berardo a convincerla ad occuparsi del Piccolo Coro. Lei accettò: da allora le giornate furono scandite esclusivamente da prove, selezioni delle musiche e degli interpreti, lezioni.

«Al missionario in Amazzonia, al grande direttore d’orchestra, all’ambasciatore di un Paese che voleva ospitare il Coro, al bambino che sognava di cantare allo Zecchino, Mariele rispondeva sempre con la stessa semplicità e chiarezza – dice Musi – Questo è l’aspetto che colpisce di più nelle sue lettere di risposta, evidenziando la sua religiosità, disponibilità e umiltà. Ha sempre voluto essere prima un’educatrice, poi una maestra di coro». Ai primi di novembre, la Fondazione Ventre resa attiva dalla nipote Cecilia e da Donatella Polletti, un ex bimba del Coro, organizzerà una giornata in ricordo di Mariele nello Stabat Mater dell’Archiginnasio. Ci saranno tanti ex bambini che hanno partecipato allo Zecchino. Come Marina D’Amici che nel ‘71 cantò “Il caffè della Peppina”: oggi fa la fioraia a Colleferro ma non passa mese che non mandi una composizione per adornare la tomba di Mariele in Certosa.

martedì 15 settembre 2015

Buon Anno Scolastico. A tutti, anche ai genitori


E' iniziato il nuovo anno scolastico.


E come sempre, per noi è stato importante affidare alla Madonna di Piazza i bambini che iniziano questa nuova, entusiasmante avventura.

Non potevamo avere uno sguardo più dolce e delicato a guardare i nostri bambini: colei che ha cresciuto ed educato Gesù con vero amore.

E ci piace anche riportare qui il bel saluto che il Direttore dell'Ufficio Scolastico Regionale ha indirizzato a tutti coloro che hanno a che fare con la scuola: bambini, ragazzi, genitori, insegnanti e tutto il personale.

Buon anno scolastico a tutti


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Messaggio di saluto per l’inizio del nuovo anno scolastico 2015/16 agli studenti dell’Emilia-Romagna, ai loro genitori, ai docenti, al personale della scuola, ai dirigenti scolastici, al personale dell’Ufficio Scolastico Regionale

qui la versione originale : Messaggio nuovo anno scolastico 2015/16

“ … Ho girato e ho rigirato senza sapere dove andare
ed ho cenato a prezzo fisso seduto accanto ad un dolore
tu come stai? tu come stai? tu come stai? …”
(Claudio Baglioni, Tu come stai?)

“ … Una volta c’erano solo le tenebre.
Se me lo chiedessi ti direi che la luce sta vincendo…”
(True detective, Rustin Spencer "Rust" Cohle, detective)

Questo è un anno scolastico pieno di cambiamenti, alcuni ancora da definire in termini normativi per dare attuazione alla Legge 107/2015. Tuttavia il mio saluto non trae spunto dalla politica scolastica. In democrazia le leggi si discutono, anche criticamente, ma una volta approvate si applicano puntualmente, con correttezza.
Ciò che rimane costante, nel variare delle norme e delle politiche, è la tensione educativa che deve animare ogni azione della scuola, nella consapevolezza delle difficoltà della condizione giovanile, soprattutto nei tempi che stiamo vivendo. Tempi in cui una situazione mi pare presentarsi diffusamente: la solitudine.
Solitudine non significa essere senza nessuno intorno; significa non avere nessuno con cui
condividere in modo autentico il proprio mondo interiore, a cui testimoniare la propria verità di persona.
Sembra quasi che gli sguardi degli altri, con preoccupante frequenza, non siano quelli di un amico ma di un giudice sprezzante e malevolo.
Oggi si rischia - giovani e meno giovani - di testimoniare il proprio essere sulle pagine inerti dei social media. Tramite queste si ottengono al massimo commenti o like che non impegnano chi li esprime a sostenere nella vita reale chi ha bisogno di condivisione, di consigli autentici, di guida o anche semplicemente, di ascolto e di conforto.
Spesso, poi, ciò che viene “testimoniato” sui social media sono false identità, falsi sé, falsi profili, in cui si finge di essere, ingannando. Isolati nella propria solitudine (spesso affollata di gente), si finisce per pensare di essere i primi e i soli al mondo a provare determinati disagi, a sentirsi lacerati da scelte difficili, a non essere capaci di capire cosa succede dentro se stessi. Eppure basta poco per cominciare a ritrovarsi.
Mi servo, come esempio, di un fatto di cronaca accaduto recentemente a Dublino: Jamie Harrington è un ragazzo di 17 anni che mentre passeggiava ha incontrato per caso un uomo di una trentina d’anni seduto sulla spalletta di un ponte pronto a gettarsi nel fiume. Jamie ha capito le intenzioni  dell’uomo. “Mi sono fermato, gli ho chiesto: STAI BENE? Ho capito dal suo sguardo che non era così. Lui non mi ha neanche risposto e si è messo a piangere. Ho dovuto insistere un po’ per farlo scendere dal ponte, supplicandolo di sedersi al mio fianco sui gradini. Alla fine l’ha fatto. Abbiamo parlato per circa 45 minuti di quello che stava accadendo e perché lui si sentiva così. Poi ho chiamato l’ambulanza …”.
A distanza di tre mesi l’uomo ha confidato al ragazzo che in quel preciso istante era sul punto di saltare giù dal ponte e che con le sue parole lo aveva salvato: “stai bene, sono due parole che mi risuonano ogni giorno nella mente” ha dichiarato. 
E’ la speranza che risuona nelle parole del detective “Rust” nelle battute finali della serie televisiva True detective (2014): “ … Una volta c’erano solo le tenebre. Se me lo chiedessi ti direi che la luce sta vincendo…”.
Ciascun essere umano sente dentro di sé un grido interiore che riprende, giorno dopo giorno, il vagito con cui abbiamo segnalato il nostro venire al mondo dal ventre materno. Grido che ci conduce alla ricerca della nostra vera voce, quella con cui ci testimoniamo al mondo. La nostra inesausta ricerca dell’Altro, del contatto con le altre persone, dell’amicizia e dell’amore, nasce dalla necessità primaria di avere qualcuno che possa aiutarci a trovare, e che sappia riverberare, la nostra intima, personale, voce. 
Che non è quella con cui ci rappresentiamo al mondo indifferenziato dei conoscenti o degli estranei, la voce con cui ammantiamo i nostri ruoli sociali.
La scuola è un contesto in cui i ragazzi si incontrano e stabiliscono legami sociali. Molte belle amicizie sono nate sui banchi di scuole e hanno accompagnato la vita di tante persone.
Auguro a ciascuno di voi per questo anno scolastico di saper essere amico, di sapere dire all’altro “Come stai?”, di fermarsi accanto ad una persona in difficoltà anche se non la conoscete, come ha fatto Jamie. Vi auguro pure di trovare ciascuno amici veri nel mondo reale, che non si limitino ai like e alla condivisione dei pettegolezzi, alle frasi vuote. Amici che sappiano esservi accanto, con il loro braccio sulle vostre spalle, con la loro voce quando la vostra si affievolisce.
E voglio ricordare agli insegnanti che, se certamente non sono chiamati a essere “amici” dei propri allievi, pure il loro compito consiste nell’accompagnarvi nella ricerca di voi stessi utilizzando le proprie competenze umane e professionali. Nel drammatico incremento dei saperi ghiaiosi che appesantiscono la vita anziché darle un senso, occorre riflettere su ciò che si va ad insegnare, ricordando - ad esempio - che la poesia, la drammaturgia, la danza e la musica, l’architettura, ogni espressione artistica (chi non ricorda l’Urlo di Munch?) sono mezzi che gli uomini hanno costruito per far sì che il loro grido interiore potesse
risuonare nel mondo.
L’augurio migliore che posso rivolgere a ciascun insegnante è di riuscire nel suo difficile compito, così da essere ricordato dai propri allievi con la stima e gratitudine che si provano per un maestro.
Buon anno scolastico 2015/16 a ciascuno di voi.

Bologna, 14 settembre 2015

Stefano Versari
Direttore Generale

giovedì 3 settembre 2015

Una classe è un'orchestra: ad ognuno il suo strumento



"Ogni studente suona il suo strumento.
La cosa difficile è trovare l'armonia.
Una buona classe non è un reggimento che marcia al passo, è un'orchestra che prova la stessa sinfonia. 
E se hai ereditato il piccolo triangolo che sa fare solo tin tin, o lo scacciapensieri che fa soltanto bloing bloing, la cosa importante è che lo facciano al momento giusto, il meglio possibile, che diventino un ottimo triangolo, un impeccabile scacciapensieri, e che siano fieri delle qualità che loro contributo conferisce all'insieme.
Siccome il piacere dell'armonia li fa progredire tutti, alla fine anche il piccolo triangolo conoscerà la musica, forse non in maniera brillante come il primo violino, ma conoscerà la stessa musica.
Il problema è che vogliono farci credere che nel mondo contino solo i primi violini"

Tratto da "Diario di scuola" di Daniel Pennac (ed. Feltrinelli, 2008)
Riproposto in "Ti porterò con me" di PierLuigi Bartolomei (ed. Ares, 2015)