Contatti

Amici di Mariele cooperativa sociale onlus | Vicolo Parco sud 2 | 40018, San Pietro in Casale (BO)

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testo

“Noi socialisti dobbiamo essere propugnatori della scuola libera,

lasciata all’iniziativa privata e ai comuni.

La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola

è indipendente dal controllo dello Stato”

Antonio Gramsci, Grido del Popolo, 1918

lunedì 28 dicembre 2015

Benvenuto a Bologna al nuovo Arcivescovo Matteo Maria Zuppi

Con grande gioia, vogliamo anche noi dare, nel nostro piccolo, il benvenuto al nuovo Arcivescovo di Bologna, Mons. Matteo Maria Zuppi.

Già dopo pochi giorni il suo arrivo nella nostra Diocesi, ha voluto presiedere la celebrazione in ricordo di Mariele Ventre.

Ed è con le sue stessse parole che desideriamo manifestare tutta la nostra gioia per il suo arrivo.

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(.....) "La gioia del Vangelo si confronta con i tanti motivi di preoccupazione, che agitano i nostri cuori e il mondo. A qualcuno può apparire ingenua, pensando alle sfide che dobbiamo affrontare e alle tante insostenibili sofferenze del nostro tempo. Ma la nostra gioia non è scappando il confronto con la realtà, chiudendosi in paradisi finti, smettendo di lottare contro il male. L'avvento ci prepara a riconoscere la nostra gioia nella debolezza scandalosa della mangiatoia di Betlemme. La gioia si misura con le difficoltà vere della vita ed è lotta. E tutt'altro che buonismo! La misericordia vede e prepara quello che ancora non c'è,  "Credo, Signore, in Te Parola. Credo non in ciò che vedo, credo senza vedere e credo che vedrò. Il segno è il figlio della Vergine", pregava il sacerdote di Roma, Andrea Santoro, martire in Turchia, uomo di profonda e sofferta gioia. Anche noi domandiamo oggi a Giovanni Battista "cosa dobbiamo fare", smettendo di ricorrere alle nostre abitudini e alla sapienza triste del pensare a sé. Percorrete, risponde, la via della gratuità, del dono, regalando quello che avete a chi non lo ha. La misericordia non si riceve solo, ma si dona! La gioia è nella solidarietà perché la troviamo nel preparare per gli altri e nel rispondere noi, con quello che abbiamo, alle loro domande. Giovanni propone ai pubblicani la via della legalità, del lavoro come servizio, di un senso sobrio della vita. E poi ai soldati, uomini abituati a essere aggressivi, violenti, che cercano la gioia nell'affermazione del proprio ruolo, della considerazione, della propria forza che umilia gli altri, Giovanni Battista chiede di non maltrattare mai nessuno, cioè di essere umili e di accontentarsi,  cioè di non essere ossessionati e deformati dalla logica del possedere, che rende voraci e violenti, liberandosi dal demone del consumismo che ci fa credere di stare bene perché abbiamo tanto. Il cristiano è per la gioia, ma vera, non drogata, non l'inferno di una gioia individuale. 
(......)"

giovedì 3 dicembre 2015

Mariele Ventre, quando un buon maestro vale "oro"


Ripubblichiamo l'articolo/intervista sulla nostra scuolina, apparso nei giorni scorsi su "il sussidiario.net" 

Per vedere l'articolo in versione originale, puoi cliccare sul link in fondo al testo


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Mariele Ventre, quando un buon maestro vale "oro"
Marco Lepore intevista Alessandra Barattini

A San Pietro in Casale, comune italiano di 12.000 abitanti in provincia di Bologna, collocato nella "bassa emiliana a metà strada fra il capoluogo e Ferrara, c'è una "scuoletta" che sta spopolando. 
Una scuola cosiddetta "paterna", cioè a gestione privata e non paritaria, priva di ogni sussidio pubblico. Eppure graditissima alle famiglie, al punto che non è possibile accontentare tutte le richieste di iscrizione. Abbiamo cercato di capire quali sono le ragioni del suo successo intervistando Alessandra Barattini, gestore e direttrice della scuola.


Alessandra, innanzitutto perché una scuola dedicata a Mariele Ventre?

Mariele Ventre è una perla preziosa della storia bolognese. Come tanti ricorderanno, è stata la storica direttrice del Piccolo coro dell'Antoniano di Bologna, che, dal 1963 fino al 1995, anno in cui è scomparsa prematuramente all'età di 56 anni, ha insegnato a cantare ai bambini del coro dello Zecchino d'oro. Una persona umile e straordinaria, tanto che nel 2013 è stata presentata la richiesta di apertura del processo di accertamento delle virtù di Mariele, che è il primo passo verso il processo di beatificazione.


Puoi dirci qualcosa di più per capire cosa c'entra la questione educativa?

Mariele, come diceva anche sua sorella, è molto più di quello che appariva in tv. La televisione stessa le è servita per entrare nelle case degli italiani, per portarci il suo metodo, che era una specie di missione educativa, perché insieme al canto insegnava ai bambini a stare insieme, ad amare gli altri, a non voler prevaricare, a capirsi… Il suo compito non era solo quello di dirigere, ma sceglieva accuratamente ogni testo delle canzoni da proporre, perché doveva servire ad educare i piccoli.


Quindi aveva una grande passione educativa…

Certamente! Era una donna infaticabile ed appassionata, si faceva carico di tutti, era severa ed esigente, perché studiava ogni bambino, voleva capirlo a fondo, scoprirne le potenzialità; una volta, poi, che aveva capito, pretendeva che le mettesse a frutto, che raggiungesse quei risultati. Amava insegnare ai bimbi il valore del sacrificio e del fare bene le cose per sé, senza il miraggio del successo.


Forse, quello del successo era di più un desiderio dei genitori…

Sì, nei bambini è indotto; infatti osava spesso rimproverare i genitori troppo ambiziosi, che si lamentavano perché i propri figli non erano stati abbastanza inquadrati durante la trasmissione, indicando anche a loro il senso di quel servizio.


Veniamo alla scuola. Come nasce e perché?

La scuola primaria paterna "Mariele Ventre" è nata 5 anni fa con una classe di 13 bambini e ha raggiunto quest'anno il ciclo completo della primaria accogliendo 86 bambini. Il 16 ottobre si sono chiuse le iscrizioni per il prossimo anno scolastico per esaurimento posti, ma stanno bussando alla porta impazienti le famiglie che vogliono iscrivere i propri figli nella prima classe del 2017/18!

A cosa è dovuto questo risultato positivo? Alla posizione comoda o a che altro?

La scuola si trova nel Comune bolognese di San Pietro in Casale, ma diversi bambini che la frequentano abitano in un raggio di 30 chilometri. Come tutte le scuole paterne l'aspetto economico è completamente a carico delle famiglie che la scelgono (senza possibilità di sgravi fiscali). Inoltre non essendo paritaria i bambini sono sottoposti ad una prova d'esame tutti gli anni. Non si può certo pensare che mandare i propri figli alla "Mariele" sia da ritenersi una scelta di comodo. 
Non c'è dubbio. Allora cosa cercano i genitori che prendono questa decisione per i loro figli?
Le risposte potrebbe essere diverse ponendo la domanda a tutte le famiglie coinvolte, ma ce n'è sicuramente una che le accomuna e le comprende tutte: un desiderio di felicità e di bene. 
Però questo, in fondo, è il desiderio — talvolta inespresso — che tutti i genitori hanno verso i propri figli. Perché, allora, rivolgersi proprio a voi?
Probabilmente perché questo desiderio è il motore che ha mosso le tre famiglie che hanno dato origine alla scuola, e questo si comunica ancora oggi nell'esperienza della scuola. Le famiglie che ci incontrano, magari inaspettatamente, diventano più consapevoli del loro bisogno e del bisogno di felicità e di bene dei loro figli e per i loro figli.

Qual è il vostro metodo educativo? 
Innanzitutto si è voluto dare continuità al bene e alla condivisione educativa che le tre famiglie iniziali avevano visto e vissuto alla scuola dell'infanzia. L'idea, non originale, ma da realizzare con grande impegno e determinazione, è stata fin da subito quella di mettere veramente al centro del progetto educativo della scuola il bambino con la sua unicità. Man mano che prendeva forma questo progetto si delineava sempre più chiaramente la mission: "Accogliere ogni bambino con lo sguardo rivolto alla sua unicità e farlo incontrare con la bellezza della conoscenza perché la sua persona si realizzi pienamente".  
Come avete dato concretezza tutto questo? 
Partendo dall'adulto, dall'insegnante che deve essere colui che possiede quello "sguardo" capace di vedere non solo l'unicità, ma anche l'interezza di quel bambino, per cui si è pensato subito alla maestra unica. Inoltre un insegnante "appassionato" a ciò che insegna, perché solo così si genera "attrazione" (che è il contrario della "distrazione"). Infine un insegnante capace di educare perché capace di "piegarsi" sul bambino, pur restando lui l'adulto. Questi sono i "titoli" richiesti ai docenti della scuola di "Mariele".
E quali sono i contenuti del vostro insegnamento? 
Naturalmente i programmi ministeriali dettano le coordinate, ma tutto deve fare riferimento alla realtà. Per questo spesso si esce dalla classe per entrare nella vita… oppure è la vita che entra in classe. 
Rispettare sempre la centralità del bambino: come si fa?  

Tenendo conto di come impara, cioè partendo dalla sua curiosità e passando dall'esperienza. Ogni apprendimento alla scuola di Mariele cerca di fare i conti con il dato esperienziale. In prima, ad esempio, tutte le lettere sono apprese ed associate a delle attività legate alla storia dei bambini e del territorio in cui vive. Per fare un esempio la lettera T per i "primini" di quest'anno contiene l'entusiasmo di un viaggio in Treno e il gusto di fare e mangiare i Tortellini fatti insieme ad una nonna seguendo la nostra… Tradizione.
Insomma, da un piccolo seme della tradizione bolognese un grande albero… 
Esatto. Lo zecchino d'oro che Mariele ha investito in educazione ha iniziato a fruttare cento volte tanto.


Per leggere l'intero articolo, vai qui: qui l'intero articolo

mercoledì 11 novembre 2015

Educare, al cuore del metodo



Chi segue questo blog, conosce già il Professor Alessandro D'Avenia (Profduepuntozero.it) perchè è già stato più volte ospite del blog. 

Oggi rilanciamo un suo interessante articolo pubblicato proprio in data odierna su "Avvenire" (qui versione on-line: Da Avvenire: articolo) e riguardante il tema della scuola e educazione.
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Educare, al cuore del metodo
Oltre ogni riduzionismo, c'è la via. Che è Cristo

di Alessandro D'Avenia


La via dell’educare, se non si vuole rimanere disorientati dalle pedagogie più o meno riduzionistiche dei nostri tempi, è e resta solo una: Cristo. Egli ha detto di essere la via (Gv 14,6: odòs) e la parola metodo, che contiene la parola via ( metà: dopo più odòs: via), indica l’andar dietro, l’indagare attentamente, il seguire le tracce. Il metodo dell’educazione è Cristo, perché Cristo ne è la via stessa e la meta, la mappa e la destinazione, essendo anche verità e vita. Lo dice in modo efficace la patrona d’Europa Edith Stein, filosofa e martire del XX secolo, in un libro non a caso intitolato 'La vita come totalità': «Col termine educazione intendiamo la formazione dell’essere umano nel suo complesso, con tutte le sue forze e capacità. Cos’altro vogliamo raggiungere coll’educazione se non che il giovane che ci è affidato divenga un essere umano vero e autenticamente se stesso (tale quale Dio prescrive all’uomo di essere e questo sia nel senso generale della natura umana quanto in quello particolare della personalità individuale).



Come conseguire però questo fine? L’educatore deve possedere un’idea chiara e un giudizio vero riguardo a in che consista l’educazione, cioè l’autentica natura umana e l’autentica individualità. Formare esseri umani autentici significa formarli ad immagine di Cristo, ma per farlo l’educatore deve essere lui stesso un essere umano autentico». Solo Cristo è garanzia di autenticità per l’uomo di ogni epoca, perché «Cristo Redentore rivela pienamente l’uomo all’uomo stesso» ( Redemptor Hominis 9), solo il confronto continuo con la figura di Cristo e la relazione viva con lui prepara e ripara qualsiasi pedagogia incompleta, ora nella considerazione della vera natura umana, ora in quella del concreto e irripetibile darsi della natura umana in quell’uomo o in quella donna. Solo Cristo, come metodo, consente all’educatore la totale apertura all’altro come essere al contempo storico e necessario, perché voluto da Dio come figlio suo dall’eternità, nel tempo concreto che gli è dato vivere. Solo un’antropologia cristologica consente di entrare in tensione positiva con i limiti di ogni cultura ed esistenza, perché va, come il concavo con il convesso, a completare ciò che manca, trasformare ciò che è informe, purificare ciò che è ferito. Questo ci mette al riparo da qualsiasi scoraggiamento o fuga in tempi andati: «Non temete! Tutte queste difficoltà, infatti, non sono insormontabili. Sono piuttosto, per così dire, il rovescio della medaglia di quel dono grande e prezioso che è la nostra libertà, con la responsabilità che giustamente l’accompagna. A differenza di quanto avviene in campo tecnico o economico, dove i progressi di oggi possono sommarsi a quelli del passato, nell’ambito della formazione e della crescita morale delle persone non esiste una simile possibilità di accumulazione, perché la libertà dell’uomo è sempre nuova e quindi ciascuna persona e ciascuna generazione deve prendere di nuovo, e in proprio, le sue decisioni.



Anche i più grandi valori del passato non possono semplicemente essere ereditati, vanno fatti nostri e rinnovati attraverso una, spesso sofferta, scelta personale... Chi crede in Gesù Cristo ha poi un ulteriore e più forte motivo per non avere paura: sa infatti che Dio non ci abbandona, che il suo amore ci raggiunge là dove siamo e così come siamo, con le nostre miserie e debolezze, per offrirci una nuova possibilità di bene» (Lettera di Benedetto XVI sul compito urgente dell’educazione). L’amore di Dio raggiunge la creatura, se l’educatore a cui è affidata, è in relazione diretta e vitale con Cristo. Ciò avviene, per mediazione diretta, attraverso i genitori, a cui Dio affida i figli (pro-creazione), e indiretta attraverso quelle persone a cui i figli sono ulteriormente affidati dal punto di vista educativo (con-creazione). Il mio pensiero corre infatti, da un lato, ai miei genitori, che festeggiano quest’anno 50 anni di matrimonio: a loro devo la vita, l’esempio di un amore fedele, in cui per sempre è sinonimo di ogni 24 ore, e una fede vissuta nel quotidiano, come dono e compito, nelle cose di tutti i giorni, secondo l’insegnamento di San Josemaría Escrivà; e, dall’altro, ai maestri che ho avuto, in particolare il martire e beato Padre Pino Puglisi, professore di religione del mio liceo, capace di far vedere il volto di Cristo persino ai suoi assassini, rieducati alla libertà grazie a quel sorriso.



Fuori da questa via maestra (Cristo) si scivola in umanesimi parziali e incompleti, anche se a volte apparentemente efficaci e seducenti, ma uno solo resta l’umanesimo integrale: «Siamo quegli esseri complessi che vivono a livelli successivi, a un livello animale e biologico, a un livello intellettuale e umano, e a un livello ultimo che si situa in quegli abissi che sono la vita di Dio e la Trinità. Per questo abbiamo il diritto di dire che il cristianesimo è un umanesimo integrale, e cioè che sviluppa l’uomo a tutti i livelli della sua esperienza. Dobbiamo diffidare sempre di ogni tentativo di ridurre lo spazio in cui si muove la nostra esistenza. Noi respiriamo a fondo solo nella misura in cui non ci lasciamo rinchiudere nella prigione del mondo razionale e psicologico, ma dove una parte di noi sfocia in quei grandi spazi che sono quelli della Trinità. Ciò che fa sì che vi sia una gioia di vivere nel cristianesimo che è incommensurabile» (J.Danielou, Miti pagani e mistero cristiano).



Il fine dell’educazione è la gioia di vivere, che solo un figlio di Dio, che si sa tale e ne fa esperienza, può sperimentare nel tempo crepuscolare e imperfetto di questa vita. La via dell’educare è Cristo, perfetto Dio e perfetto uomo, gli educatori potranno educare nella misura in cui non sono più loro a vivere, ma Cristo a vivere attraverso loro, perché egli è il metodo stesso della pedagogia divina. Solo così potranno offrire non il respiro corto di se stessi, ma il soffio della vita tutta, piena e indistruttibile, perché «ogni creatura è oggetto della tenerezza del Padre, che le assegna un posto nel mondo. Perfino l’effimera vita dell’essere più insignificante è oggetto del suo amore, e in quei pochi secondi di esistenza, Egli lo circonda con il suo affetto» ( Laudato si’, n.78), se è così per i gigli del campo, cosa sarà per i figli degli uomini, che Dio affida a noi educatori?

sabato 7 novembre 2015

Educare all'affettività e alla sessualità: da dove partire

Oggi si fa un gran parlare di corsi sulla sessualità e gender nelle scuole. Molto spesso se ne parla quasi a sproposito e comunque senza le necessarie basi di conoscenza.

Per questo crediamo valga la pena conoscere ed approfondire temi importanti quali l'educazione alla affettività e alla sessualità, partendo da quanto la realtà già offre di positivo.

Tra questi segnaliamo il progetto "TeenSTAR", programma di educazione affettiva e sessuale che tiene conto della totalità della persona e delle differenze tra uomo e donna

Qui di seguito una breve presentazione:



"Credo che valga la pena di riflettere innanzitutto sulla scelta stessa di parlare di educazione all'affettività e alla sessualità"
di Raffaella Iafrate

Nella nostra società attuale ci troviamo davanti ad una cultura dominata da uno sbilanciamento a favore degli aspetti emozionali a discapito di quelli valoriali con un'affettività sradicata dall'ethos, da una prospettiva di senso, percepita come pura saturazione di un bisogno, senza direzione e scopo, ridotta a puro sentimentalismo, a ciò che si sente, si prova. Anche a livello educativo si osserva tale equivoco sbilanciamento: gli affetti paiono non bisognosi di educazione.

Già nelle prime relazioni con i bambini piccoli, si educano i bambini sul piano cognitivo e -al limite- comportamentale, ma si ritiene l'affettività come non educabile, a favore di uno spontaneismo che si risolve in un puro soddisfacimento dei bisogni immediati. E tale atteggiamento è poi mantenuto anche lungo il percorso di crescita, dalla scuola che si occupa di educare cognitivamente e culturalmente, ma che riserva poco spazio alle dimensioni affettive e relazionali; alla formazione degli adolescenti, sempre più seguiti ed emancipati sul piano intellettuale e sempre più disorientati e in balia delle proprie dirompenti emozioni sul fronte relazionale ed affettivo. (Ultimamente qualche segnale sul fronte dell'educazione alle emozioni: importante dare nome alle emozioni e a usarle come veicolo di senso, visto come è difficile anche questo ma non ancora educazione agli affetti.)
 
È quantomeno curioso, se non inquietante, osservare come il mondo moderno, così attento a promuovere la crescita intellettuale delle nuove generazioni, così aperto all'investimento di energie sul piano culturale, si accontenti di formare personalità che pur essendo cognitivamente evolute, sono affettivamente incistate in uno stadio evolutivo infantile, in un'affettività primordiale e incontrollata, spesso fonte di sofferenza, se non di vera e propria patologia relazionale.

Il mondo degli affetti chiede dunque di essere formato e per così dire raffinato da un lavoro educativo, non meno lungo e impegnativo di quello richiesto per la formazione delle menti e delle cognizioni.

In caso contrario, il rischio incombente è quello di ridurre l'affetto all'emozione e dunque di far diventare lo spazio dell'incontro con l'altro uno spazio di esclusiva espressione dei propri bisogni e dei propri desideri.

Chiedersi il significato delle parole è importante (l'uso di parole su facebook lo dimostra, giovani spesso banalizzano amicizia tvb...uso del corpo di conseguenza) C'è infatti una notevole differenza di significato tra la parola emozione e la parola affetto anche se oggi si tende ad utilizzarle in maniera intercambiabile. 

(Articolo completo qui Emozioni & Affetti)


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Scheda riassuntiva 
programma TeenSTAR:

Che cosa è il Teen STAR?

Un programma di educazione affettiva e sessuale che tiene conto della totalità della persona, utilizza il metodo induttivo e coinvolge al tempo stesso ragione e sfera emozionale.



Il metodo Teen STAR

(Sexuality Teaching in the context of an Adult Responsability), è stato sviluppato agli inizi degli anni ’80 dalla ginecologa statunitense Hanna Klaus in risposta alle innu merevoli domande dei giovani, i teen-agers ai quali (soprattutto) il metodo si rivolge.

Nel logo dell’associazione è rappresentata una stella: ogni punta indica un aspetto della persona (fisico, emozionale, intellettuale, spirituale, sociale) che emerge in relazione alla sessualità.

Oggi il Teen STAR è un programma educativo che conduce i giovani ad avere uno sguardo maturo sulla sessualità, li aiuta a scoprire la preziosità del linguaggio del corpo, promuove l’accoglienza e la comprensione reciproca rendendoli consapevoli della diversità sessuale in tutti gli aspetti della personalità.



Cosa fa il tutor Teen STAR?

Accompagna i ragazzi in un processo di conoscenza della propria corporeità e di comprensione del valore e dell’importanza del proprio corpo, attraverso un percorso di una quindicina di incontri nell’arco di sei-otto mesi, che prevede:

. Gruppi specifici in base al sesso per la comprensione della fisiologia maschile e femminile

. Gruppo misto per gli aspetti sociali e relazionali

. Insegnamento interattivo centrato sulla consapevolezza dell’esperienza

. Accompagnamento personale


L’esperienza diffusa in molti Paesi dimostra che il programma Teen STAR può essere integrato nell’insegnamento scolastico


Informazioni sul sito : TeenStar.it

sabato 31 ottobre 2015

Dal 1 al 5 novembre la mostra su Lejeune "Cosa è l'uomo, perchè te ne ricordi" a Cento

Bella ed interessante, la mostra che si tiene a Cento (FE) dal 1 al 5 novembre, è sicuramente tra quelle da non perdere.

Il percorso espositivo mette a tema l’uomo e il suo destino, proponendo un’indagine sulla “natura umana” partendo dalla testimonianza di Jérôme Lejeune, medico e fondatore della genetica clinica, attraverso gli sviluppi di questa disciplina e le più recenti acquisizioni della biologia evoluzionista sul determinismo genetico.  

Jerome Lejeune, ancora giovane medico, scoprì nel 1959 la causa della sindrome di Down e successivamente le cause di altre condizioni genetiche.

Scopo della mostra è anche quello di affrontare in maniera critica e approfondita gli interrogativi che sorgono di fronte ai grandi progressi della genetica avvenuti negli ultimi anni. È possibile visitare la mostra presso l’Open Space Anffas “Coccinella Gialla Onlus” in Via Dei Tigli 2, a Cento (FE).

La mostra chiude giovedi 5 novembre con l'importante incontro con il Prof. Pierluigi Strippoli, responsabile del laboratorio di genomica dell'Università di Bologna e curatore del progetto "Genoma 21" che basa le sue ricerche proprio su quelle iniziate dal Prof. Jerome Lejeune.

lunedì 26 ottobre 2015

Al via la nostra Scuola di Canto Corale aperta a tutti i bambini dai 4 agli 11 anni

“La vita di gruppo (di coro), si sa, è sempre positiva. I bambini imparano ad aiutarsi tra loro, a rispettare le idee ed i gusti degli altri, acquisiscono un certo spirito di sacrificio; imparano a capire che nella vita bisogna anche saper rinunciare a qualche cosa, imparano anche una certa disciplina di studio che può servire loro negli studi scolastici” 
(Mariele Ventre)


La nostra cooperativa sociale Amici di Mariele, fedele agli insegnamenti di Mariele Ventre, ha intenzione di costituire una scuola di canto corale aperta a tutti i bambini dai 4 agli 11 anni.

A tal proposito organizza quattro incontri di prova, propedeutici all'avvio di un corso continuativo che partirà nel prossimo mese di gennaio.


Le giornate sono:  
martedì 3 novembre 2015
martedì 10 novembre 2015
martedì 17 novembre 2015
martedì 24 novembre 2015

dalle ore 14,30 alle ore 16,00

presso Scuola paterna Mariele Ventre
Vicolo Parco Sud, 2 - San Pietro in Casale (Bo) 

La scuola di canto corale nasce anche
grazie alla collaborazione di 

E’ necessario iscriversi preventivamente
Per iscrizioni, info e costi: 
segreteria@amicidimariele.it 
tel. 051 810 126 (dalle 8,30 alle 12,30) 
da lunedì al venerdì 

Docenti: 
Maria Elena Mazzella:
diplomata in Pianoforte, Musica corale e Direzione di coro, Corso superiore di Direzione corale (unico in Italia), Musica antica - 2° livello. Ha seguito corsi di canto gregoriano e vocalità in diversi paesi d'Europa. Ha fondato e dire?o diversi cori e ensemble vocali, tra cui il Coro delle voci bianche del Conservatorio di Ferrara e con essi ha svolto, e svolge tuttora attività concertistica. E' direttrice artistica dell'Accademia corale V. Veneziani di Ferrara ed è docente di Direzione di coro e Composizione corale presso il Conservatorio “G. Frescobaldi” di Ferrara.

Annamaria Maggese:
diplomata in Pianoforte, Clavicembalo, Musica Corale e Direzione di Coro, Composizione, Musica da Camera per Pianoforte e Organo. Ha pluridecennale esperienza nella didattica del Pianoforte e in generale nella didattica musicale per bambini. Dirige due cori polifonici: "San Giacomo Maggiore" e "InGiroNonDaSoli". E’ responsabile della scuola musicale Il Saltarello. E’ titolare della cattedra di Teoria, Ritmica e Percezione musicale presso il Conservatorio “G. Frescobaldi” di Ferrara.


Perchè un coro:
“Vivere senza la musica si può, come camminare nel deserto... ma chi insegnerà a un bambino ad amare la buona musica lo farà camminare in un giardino pieno di fiori” 
(Z. Kodály)

Il canto corale costituisce uno degli strumenti più importanti per l'educazione di bambini e ragazzi, consentendo lo sviluppo delle loro abilità di base musicali, e non solo, e favorendone una crescita armoniosa e globale. Il progetto ha quindi, come obiettivo, avvicinare alla coralità i bambini in età scolare, offrendo loro l'opportunità di vivere un'esperienza divertente, ma al tempo stesso costruttiva e formativa. Ampio spazio verrà dato a tutte le attività utili per potenziare le capacità musicali innate dei bambini, quali l'orecchio musicale, l'ascolto e discriminazione dei suoni e dei modelli ritmici, la riproduzione vocale per imitazione e la creatività musicale. L'espressione delle emozioni attraverso il canto sarà oggetto di particolare cura, così come la liberazione delle proprie capacità espressive attraverso la ricerca della propria identità vocale. L'apprendimento del linguaggio dei suoni, letto, cantato e scritto, costituirà l'obiettivo più ambizioso di tale progetto e sarà perseguito attraverso l'applicazione dei principi pedagogici di Zoltan Kodály, compositore e didatta ungherese, che dedicò buona parte della sua vita e opera alla elaborazione di un metodo di insegnamento musicale che consentisse anche ai bambini piccoli di imparare a leggere e scrivere la musica. Nel solco di questa tradizione, che riprende la nostra dei tempi di Guido d'Arezzo, auspichiamo che in ogni scuola ogni bambino possa imparare ad amare la musica, affinché essa possa diventare parte integrante della sua vita.

mercoledì 14 ottobre 2015

Troppa paura di dire “no”. Questa è una cultura che non regge il fallimento

Ripubblichiamo un articolo apparso su "La Stampa" di martedì 13 ottobre '15 a firma del professore e scrittore Alessandro D'Avenia che, chi segue questo blog, ormai conosce molto bene.


Qui la versione originale

di Alessandro D'Avenia

«La colpa non è dei maestri, che coi pazzi devono fare i pazzi. Infatti se non dicessero ciò che piace ai ragazzi, resterebbero soli nelle scuole... E allora? Degni di rimprovero sono i genitori che non esigono per i loro figli una severa disciplina dalla quale possano trarre giovamento... essi devono abituare gradualmente i giovani alle fatiche, lasciare che si imbevano di letture serie e che conformino gli animi ai precetti della sapienza... Invece i fanciulli nelle scuole giocano.»  

Questa geremiade appartiene ad Agamennone, maestro sbeffeggiato da Encolpio e Ascilto, giovani protagonisti del Satyricon di Petronio, che rispondono all’ennesima ramanzina del fallito, scappando da scuola e avventurandosi per le vie della città, irte di peripezie che mostrano loro che avrebbero fatto meglio a studiare un po’ di più prima di affrontare il mondo, improvvisando. È il racconto comico di una società decadente, quella neroniana, con una scuola al passo con la decadenza.  

I tempi non cambiano, soprattutto quelli di crisi si somigliano. Così qualche giorno fa, in una scuola italiana, una bambina di prima elementare, annoiata dalla lezione, ha chiesto di andare al bagno ma, passata sotto le sbarre del cancello di ingresso, ha preso la via di casa e in pochi minuti è tornata dalla mamma, sgomenta tanto quanto l’insegnante.  

Di chi sarà la colpa? Dei genitori, degli insegnanti, della scuola, dei ragazzi? Con il senso di colpa non si va lontano, serve invece un po’ di buon senso. Noi insegnanti siamo a volte bersagliati da genitori, che non riescono a sopportare che, nella cultura del successo e della prestazione, il figlio possa fallire: fallito piuttosto sarà l’insegnante che non riesce a fare amare libri e teoremi, e a tenere la disciplina. Ma d’altro canto anche noi abbiamo le nostre responsabilità. Qualche decennio fa la nostra cultura ha eroso lentamente l’autorità, identificandola con l’autoritarismo. Ma con l’acqua sporca dell’autoritarismo avevamo buttato via il bambino dell’autorevolezza. Oggi, forti di un po’ di senso storico e di risultati, siamo chiamati a rifondare l’autorità su altre basi, più stabili. I ragazzi cercano genitori e maestri capaci di porre loro mete e limiti, confrontandosi con i quali, possono provare la consistenza di principi su cui fondare le proprie esistenze ancora informi. Ma se ad essere informe è colui al quale chiedono una forma? 

Abbiamo troppa paura di dire dei no, di porre regole, di proporre mete alte e impegnative, perché i nostri ragazzi potrebbero fallire o perché a quelle mete e quei sentieri non crediamo più. Eppure così cresce una generazione incapace di riconoscere il principio di realtà, affondando nelle sabbie mobili di quello di piacere, che rende tutto un gioco da bambini tiranni, come nel racconto di Buzzati. Ma il gioco è divertente proprio perché ha delle regole, e non perché un tiranno possa rinegoziarle quando perde, altrimenti il gioco si trasforma in farsa. E noi non vogliamo personaggi da farsa come quelli di Petronio, che si perdono sollecitati e manipolati da tutti i piaceri che li allettano, resi letteralmente impotenti dal loro stesso desiderio sempre soddisfatto, incapaci di prendere posizione sulla realtà, in una società divisa - a detta dell’autore antico - in due gruppi «quelli che derubano e quelli che si lasciano derubare»... del futuro, prima di tutto. A genitori e insegnanti, nuovamente alleati, il compito di strappare i ragazzi dalla tirannia del non senso. 

sabato 3 ottobre 2015

Learning Up: presentazione di un percorso per il miglioramento delle attività percettive

 
 
GIOVEDI' 8 OTTOBRE 2015 ORE 20,45
SALA POLIVALENTE SCUOLA MATERNA “SAN LUIGI”
VIA MATTEOTTI 1, SAN PIETRO IN CASALE
 
Un interessante incontro di presentazione del programma Learning Up per il trattamento dei problemi funzionali della visione in genere, legato al trattamento dei problemi di attenzione, difficoltà di apprendimento e rendimento scolastico .
E' importante acquisire una serie di abilità che rendano il sistema della vista capace di comprendere e gestire in modo armonico e preciso il tempo e lo spazio.
Molte sono le abilità visive che servono per far sì che ogni soggetto agisca al 100% della propria potenzialità nel lavoro, nella scuola e nello sport.
Di tutto questo si parlerà in occasione di questa serata la cui partecipazione è aperta a tutti gli interessati.
 
Relatori:

Dr. Luca Baldassarri: Optometrista Responsabile Didattico Associazione VTC Specializzato in valutazione e trattamento dei problemi funzionali di vista, percezione visiva, difficoltà di apprendimento e rendimento scolastico.
D.ssa Sonia La Morgia: Psicologa e Insegnante

venerdì 18 settembre 2015

"Lettere da Mariele" il nuovo libro dedicato alla piccola grande direttrice del Piccolo Coro dell'Antoniano


"Lettere da Mariele... 
Oltre le note dello Zecchino d’Oro"

A vent’anni dalla scomparsa di Mariele Ventre, creatrice e direttrice del Piccolo Coro dell’Antoniano, la Fondazione Ventre, presieduta dalla sorella Maria Antonietta, ha deciso di ricordarla pubblicando alcune delle oltre 30000 lettere, quelle più significative, da Lei inviate in ogni parte del mondo.
Ne è nato così un libro che anche un ritratto semi sconosciuto che stimola non solo ad un salto di qualità personale e professionale ma traccia anche una solida via all’elevazione spirituale: assoluta dedizione al lavoro, fermezza nello svolgerlo, educazione canora dei bambini con un personalissimo metodo didattico, ma anche ricerca continua di una formazione ed elevazione spirituale che pochi conoscevano.
Il libro è diviso in varie sezioni ed ognuna di queste inizia con uno stringato ricordo personale della sorella, definizioni e citazioni di grandi personaggi relativi all’argomento trattato. Infine le lettere di Mariele che anche a distanza di decine di anni conservano una validità ed una freschezza incredibili.
Sorprende la estrema semplicità ed umiltà nello scrivere, sia che le lettere venissero inviate a personaggi famosi e importanti, sia che fossero destinate a gente qualunque.

Per l'acquisto del libro è possibile chiedere informazioni alla Fondazione Mariele Ventre (tel. 0514294083) oppure farlo direttamente on line dal sito della casa editrice Minerva Edizioni (qui)


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A seguire l'articolo apparso su "La Repubblica" 

"Cara Mariele ti scrivo” ecco il suo epistolario

di Luca Sancini, La Repubblica 26 agosto 2015

«MARIELE portava sempre in Sardegna, dove trascorrevamo le vacanze, una valigia con le lettere ricevute. Un giorno chiese 800 francobolli al tabaccaio, e lui non glieli voleva dare. Pensava facessimo del contrabbando». Sorride al ricordo Maria Antonietta Ventre, sorella di Mariele, storica direttrice del Piccolo Coro dell’Antoniano, scomparsa vent’anni fa. Quella mole di affrancatura degna di un ufficio postale le serviva per rispondere alla montagna di lettere che ricevette ogni giorno, dopo chela tv l’aveva portata in tutte le case d’Italia e poi all’estero, dal Giappone all’Australia. Lei, i capelli tagliati corti, il sorriso dolce, il mago Zurlì Cino Tortorella, il frate Berardo Rossi, i bambini del Coro, furono e sono ancora per tanti l’immagine dello Zecchino d’Oro, nato nell’ottobre del 1963. Una popolarità racchiusa in 15 mila lettere che nel corso degli anni arrivarono a Mariele, e alle quali lei rispose una per una, e ora custodite dalla Fondazione a lei dedicata. «Libri su di lei ne erano giù usciti – racconta Giuliano Musi, ex giornalista di Stadio e specializzatosi in libri su personaggi e storie bolognesi – Serviva qualcosa che la raccontasse al di là dello Zecchino: che ragazza era stata, quali sogni aveva avuto, come aveva vissuto quella popolarità. Così la sorella mi ha parlato delle lettere, dicendomi: “C’è la vera Mariele in questi fogli“».
Selezionate trecento lettere, scandite anche da episodi inediti di vita familiare, è nato così “Lettere da Mariele” edito da Minerva. Maria Rachele, come registrata all’anagrafe, si era laureata in pianoforte a Milano, con l’intenzione di diventare una concertista, ma fu Frate Berardo a convincerla ad occuparsi del Piccolo Coro. Lei accettò: da allora le giornate furono scandite esclusivamente da prove, selezioni delle musiche e degli interpreti, lezioni.

«Al missionario in Amazzonia, al grande direttore d’orchestra, all’ambasciatore di un Paese che voleva ospitare il Coro, al bambino che sognava di cantare allo Zecchino, Mariele rispondeva sempre con la stessa semplicità e chiarezza – dice Musi – Questo è l’aspetto che colpisce di più nelle sue lettere di risposta, evidenziando la sua religiosità, disponibilità e umiltà. Ha sempre voluto essere prima un’educatrice, poi una maestra di coro». Ai primi di novembre, la Fondazione Ventre resa attiva dalla nipote Cecilia e da Donatella Polletti, un ex bimba del Coro, organizzerà una giornata in ricordo di Mariele nello Stabat Mater dell’Archiginnasio. Ci saranno tanti ex bambini che hanno partecipato allo Zecchino. Come Marina D’Amici che nel ‘71 cantò “Il caffè della Peppina”: oggi fa la fioraia a Colleferro ma non passa mese che non mandi una composizione per adornare la tomba di Mariele in Certosa.

martedì 15 settembre 2015

Buon Anno Scolastico. A tutti, anche ai genitori


E' iniziato il nuovo anno scolastico.


E come sempre, per noi è stato importante affidare alla Madonna di Piazza i bambini che iniziano questa nuova, entusiasmante avventura.

Non potevamo avere uno sguardo più dolce e delicato a guardare i nostri bambini: colei che ha cresciuto ed educato Gesù con vero amore.

E ci piace anche riportare qui il bel saluto che il Direttore dell'Ufficio Scolastico Regionale ha indirizzato a tutti coloro che hanno a che fare con la scuola: bambini, ragazzi, genitori, insegnanti e tutto il personale.

Buon anno scolastico a tutti


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Messaggio di saluto per l’inizio del nuovo anno scolastico 2015/16 agli studenti dell’Emilia-Romagna, ai loro genitori, ai docenti, al personale della scuola, ai dirigenti scolastici, al personale dell’Ufficio Scolastico Regionale

qui la versione originale : Messaggio nuovo anno scolastico 2015/16

“ … Ho girato e ho rigirato senza sapere dove andare
ed ho cenato a prezzo fisso seduto accanto ad un dolore
tu come stai? tu come stai? tu come stai? …”
(Claudio Baglioni, Tu come stai?)

“ … Una volta c’erano solo le tenebre.
Se me lo chiedessi ti direi che la luce sta vincendo…”
(True detective, Rustin Spencer "Rust" Cohle, detective)

Questo è un anno scolastico pieno di cambiamenti, alcuni ancora da definire in termini normativi per dare attuazione alla Legge 107/2015. Tuttavia il mio saluto non trae spunto dalla politica scolastica. In democrazia le leggi si discutono, anche criticamente, ma una volta approvate si applicano puntualmente, con correttezza.
Ciò che rimane costante, nel variare delle norme e delle politiche, è la tensione educativa che deve animare ogni azione della scuola, nella consapevolezza delle difficoltà della condizione giovanile, soprattutto nei tempi che stiamo vivendo. Tempi in cui una situazione mi pare presentarsi diffusamente: la solitudine.
Solitudine non significa essere senza nessuno intorno; significa non avere nessuno con cui
condividere in modo autentico il proprio mondo interiore, a cui testimoniare la propria verità di persona.
Sembra quasi che gli sguardi degli altri, con preoccupante frequenza, non siano quelli di un amico ma di un giudice sprezzante e malevolo.
Oggi si rischia - giovani e meno giovani - di testimoniare il proprio essere sulle pagine inerti dei social media. Tramite queste si ottengono al massimo commenti o like che non impegnano chi li esprime a sostenere nella vita reale chi ha bisogno di condivisione, di consigli autentici, di guida o anche semplicemente, di ascolto e di conforto.
Spesso, poi, ciò che viene “testimoniato” sui social media sono false identità, falsi sé, falsi profili, in cui si finge di essere, ingannando. Isolati nella propria solitudine (spesso affollata di gente), si finisce per pensare di essere i primi e i soli al mondo a provare determinati disagi, a sentirsi lacerati da scelte difficili, a non essere capaci di capire cosa succede dentro se stessi. Eppure basta poco per cominciare a ritrovarsi.
Mi servo, come esempio, di un fatto di cronaca accaduto recentemente a Dublino: Jamie Harrington è un ragazzo di 17 anni che mentre passeggiava ha incontrato per caso un uomo di una trentina d’anni seduto sulla spalletta di un ponte pronto a gettarsi nel fiume. Jamie ha capito le intenzioni  dell’uomo. “Mi sono fermato, gli ho chiesto: STAI BENE? Ho capito dal suo sguardo che non era così. Lui non mi ha neanche risposto e si è messo a piangere. Ho dovuto insistere un po’ per farlo scendere dal ponte, supplicandolo di sedersi al mio fianco sui gradini. Alla fine l’ha fatto. Abbiamo parlato per circa 45 minuti di quello che stava accadendo e perché lui si sentiva così. Poi ho chiamato l’ambulanza …”.
A distanza di tre mesi l’uomo ha confidato al ragazzo che in quel preciso istante era sul punto di saltare giù dal ponte e che con le sue parole lo aveva salvato: “stai bene, sono due parole che mi risuonano ogni giorno nella mente” ha dichiarato. 
E’ la speranza che risuona nelle parole del detective “Rust” nelle battute finali della serie televisiva True detective (2014): “ … Una volta c’erano solo le tenebre. Se me lo chiedessi ti direi che la luce sta vincendo…”.
Ciascun essere umano sente dentro di sé un grido interiore che riprende, giorno dopo giorno, il vagito con cui abbiamo segnalato il nostro venire al mondo dal ventre materno. Grido che ci conduce alla ricerca della nostra vera voce, quella con cui ci testimoniamo al mondo. La nostra inesausta ricerca dell’Altro, del contatto con le altre persone, dell’amicizia e dell’amore, nasce dalla necessità primaria di avere qualcuno che possa aiutarci a trovare, e che sappia riverberare, la nostra intima, personale, voce. 
Che non è quella con cui ci rappresentiamo al mondo indifferenziato dei conoscenti o degli estranei, la voce con cui ammantiamo i nostri ruoli sociali.
La scuola è un contesto in cui i ragazzi si incontrano e stabiliscono legami sociali. Molte belle amicizie sono nate sui banchi di scuole e hanno accompagnato la vita di tante persone.
Auguro a ciascuno di voi per questo anno scolastico di saper essere amico, di sapere dire all’altro “Come stai?”, di fermarsi accanto ad una persona in difficoltà anche se non la conoscete, come ha fatto Jamie. Vi auguro pure di trovare ciascuno amici veri nel mondo reale, che non si limitino ai like e alla condivisione dei pettegolezzi, alle frasi vuote. Amici che sappiano esservi accanto, con il loro braccio sulle vostre spalle, con la loro voce quando la vostra si affievolisce.
E voglio ricordare agli insegnanti che, se certamente non sono chiamati a essere “amici” dei propri allievi, pure il loro compito consiste nell’accompagnarvi nella ricerca di voi stessi utilizzando le proprie competenze umane e professionali. Nel drammatico incremento dei saperi ghiaiosi che appesantiscono la vita anziché darle un senso, occorre riflettere su ciò che si va ad insegnare, ricordando - ad esempio - che la poesia, la drammaturgia, la danza e la musica, l’architettura, ogni espressione artistica (chi non ricorda l’Urlo di Munch?) sono mezzi che gli uomini hanno costruito per far sì che il loro grido interiore potesse
risuonare nel mondo.
L’augurio migliore che posso rivolgere a ciascun insegnante è di riuscire nel suo difficile compito, così da essere ricordato dai propri allievi con la stima e gratitudine che si provano per un maestro.
Buon anno scolastico 2015/16 a ciascuno di voi.

Bologna, 14 settembre 2015

Stefano Versari
Direttore Generale