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Amici di Mariele cooperativa sociale onlus | Vicolo Parco sud 2 | 40018, San Pietro in Casale (BO)

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testo

“Noi socialisti dobbiamo essere propugnatori della scuola libera,

lasciata all’iniziativa privata e ai comuni.

La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola

è indipendente dal controllo dello Stato”

Antonio Gramsci, Grido del Popolo, 1918

sabato 7 febbraio 2015

Gli amici della nostra cooperativa sociale: La Mongolfiera onlus

Visita il sito La Mongolfiera Onlus
L’associazione La Mongolfiera Onlus nasce come tentativo di affrontare un bisogno concreto: consentire ai bambini con disabilità di frequentare le scuole che i genitori ritengono più adeguate per i propri figli, ossia quelle in cui questi possono essere seguiti ed educati nel migliore dei modi.

I bambini con disabilità non possono fare a meno di un insegnante di sostegno che li accompagni nelle attività scolastiche, ma, a causa di alcune lacune normative, questo servizio non è interamente finanziato dallo Stato in particolare nelle scuole paritarie.
 
Tutto ciò comporta un impegno aggiuntivo e gravoso per le famiglie, che si imbattono poi in altre difficoltà di vario genere (riabilitative, socio-sanitarie, abitative….) che comportano ulteriori spese aggiuntive.
 
In tutto questo la condivisione dei bisogni è il primo modo per aiutare chi è in una situazione difficile come il fare i conti con la disabilità. L’associazione La Mongolfiera nasce proprio per il desiderio di condividere con altre famiglie e amici l’esperienza che la realtà è positiva, anche nella disabilità, e per fornire un aiuto concreto nell’affronto delle problematiche quotidiane. C’è infatti una consapevolezza condivisa dai soci dell’Associazione: per noi ogni bambino è un dono e va amato così com’è.
 
L’associazione persegue i propri obiettivi accompagnando i minori svantaggiati e le rispettive famiglie in ogni ambito in cui si trovano e organizzando momenti di incontro e di condivisione dei bisogni Tramite il contributo dei suoi sostenitori l’Associazione aiuta economicamente le famiglie che si trovano a dover sostenere maggiori costi a causa della situazione di difficoltà dei propri figli, tramite l’erogazione di borse di studio.

giovedì 5 febbraio 2015

Sabato 7 febbraio il trofeo "Mariele Ventre" al PalaPanini di Modena

Al "Palapanini" torna la magia delle rotelle sulle note dello "Zecchino D'Oro"

Sono attesi oltre 1200 pattinatori che si esibiranno sulle note della kermesse canora, per un evento che si inserisce nel calendario di Libera e che sosterrà le iniziative di solidarietà della Fondazione Mariele Ventre e dell’Antoniano.
Saranno oltre 1200 i partecipanti a scendere a Modena per la 19ª edizione del Trofeo “Mariele Ventre”, uno dei maggiori eventi di pattinaggio a rotelle a livello nazionale che colorerà il PalaPanini sabato 7 febbraio a partire dalle ore 15.
L’esibizione sulle rotelle, come ogni anno, vorrà ricordare Mariele Ventre, l’indimenticabile fondatrice del Piccolo Coro dell'Antoniano di Bologna, della quale quest’anno ricorre il ventesimo anniversario della scomparsa. Sono 30 i gruppi iscritti che si esibiranno sulle note delle canzoni dello Zecchino d’Oro, coinvolgendo il pubblico e tutti i bambini presenti sugli spalti. Non solo le scuole di pattinaggio, però, ma anche 80 volontari modenesi e bolognesi che renderanno possibile una manifestazione nata da un’idea del movimento rotellistico UISP con la Fondazione Mariele Ventre e con l’Antoniano di Bologna.


I piccoli partecipanti “caleranno” da tutta la regione, tantissimi da Modena e Bologna, ma ci saranno anche folte rappresentative dalla Lombardia, dalle Marche e dal Veneto, tutti accomunati nella gioia di trasformare per un giorno quello che da tutti è definito come “il tempio della pallavolo” nella culla nazionale del pattinaggio di base.
Una kermesse che sarà ricca di ospiti d’eccezione. Primi tra tutti i freschi interpreti della canzone “Chi ha paura del buio”, vincitrice dell’ultima edizione dello Zecchino d’Oro, ovvero Alessia Chianese e il modenese Edoardo Barchi.
Assieme al piccolo Edoardo, un altro campione dello Zecchino d’Oro, questa volta “d’annata”, ovvero Valter Brugiolo, che ha interpretato nel 1967 il brano che ha vinto la 9ª edizione, il celeberrimo “Popoff”. Proprio Brugiolo, assieme all’inossidabile Guido Mandreoli, vero totem del pattinaggio locale, presenterà il “Mariele Ventre”, che sarà allietato da altri momenti di spettacolo e sorpresa.


Il Trofeo Mariele Ventre sarà assegnato da una giuria composta esclusivamente da bambini e ragazzi, affiancata da una rappresentanza del Coro “Le Verdi Note” dell’Antoniano di Bologna, che assegnerà il Premio Speciale “C’è bisogno di una squadra”. Una giuria tecnica assegnerà invece il “Premio Speciale alla migliore scenografia e coreografia”. 


La manifestazione, ad ingresso libero per tutti bambini under 10 e con biglietto a soli 10 € per gli adulti, vorrà essere anche momento di attenzione e di solidarietà ai progetti rivolti ai bambini sostenuti dalla Fondazione Mariele Ventre e dall’Antoniano, oltre che una delle tappe dei “100 passi verso il 21 marzo” organizzati da  Libera, l’associazione contro le mafie che ha organizzato la sua giornata della memoria e dell’impegno proprio il 21 marzo a Bologna.
Come sempre fondamentali l’appoggio logistico e il sostegno di Comune di Modena e Provincia, così come la collaborazione dell’Ufficio Scolastico Regionale e di Radio Bruno.


Il “Mariele Ventre” è anche una gara, e avrà i suoi vincitori: ma è soprattutto una manifestazione di solidarietà e condivisione. Dove l’importante è esserci.
 

Vi aspettiamo quindi tutti sabato 7 febbraio al PalaPanini di Modena per una giornata indimenticabile all’insegna dei valori più genuini dello sport e non solo.

martedì 3 febbraio 2015

Ma i figli non sono al centro dell'universo

Pubblichiamo un interessante intervento di Saverio Sgroi 

I figli non sono .....(dal blog La Sfida Educativa) 


"Il problema non è suo; sono gli altri che non lo comprendono. Quel professore non sa valorizzare mio figlio. Se avesse un allenatore più intelligente allora sì che giocherebbe sempre da titolare…"
 
Gli esempi potrebbero essere infiniti e tutti ci direbbero che, se davanti alle difficoltà di nostro figlio la colpa è sempre degli altri, forse qualche dubbio sulla nostra impostazione educativa è lecito averlo.
In uno dei libri che ho letto recentemente, lo psicologo Pietropolli Charmet sostiene una tesi molto interessante e cioè che negli ultimi anni sembra essere cambiato il modo in cui gli adulti si rappresentano i propri figli, sin da quando essi sono bambini molto piccoli. In particolare, i genitori sembrano essere sempre più convinti che il bambino sia una creatura buona, innocente, che non solo vada rispettata ma anche capita e interpretata. Il bambino non è più solo una persona da formare, educare, crescere, orientare con regole che lo aiutino a “diventare ciò che è“, come ci direbbe il poeta greco Pindaro. Il figlio, sostiene Charmet, è visto come un “interlocutore attivo e propositivo di una relazione che lui per primo stimola continuamente. In pura contemplazione del bambino idolatrato e ammirato, padri e madri restano affascinati dai suoi alti livelli di competenza relazionale e affettiva. Gli sguardi dei genitori verso il proprio bambino nella culla si rivolgono non a un piccolo selvaggio da civilizzare, a cui imporre le leggi, i valori dell’etica, ma ad un cucciolo già naturalmente orientato verso la relazione.”
Quella di Charmet è una tesi interessante e potrete approfondirla accuratamente leggendo i suoi testi. In questa sede mi limiterò a tirarla in ballo come una possibile causa del “figliocentrismo” di cui a volte si ammala il genitore postmoderno.
Diverse sono le origini di questo fenomeno, ma una mi sembra essere più influente rispetto a tutte le altre. Oggi molti studiosi della famiglia sostengono che le dinamiche relazionali al suo interno sono basate su una struttura affettiva, piuttosto che su quella etico-normativa, tipica di qualche decennio fa e che è entrata in crisi a partire dagli anni sessanta. Fino ad allora era diffuso un modello basato sulla trasmissione delle regole, soprattutto da parte della figura paterna. L’obiettivo era quello di preparare i figli affinchè fossero capaci di entrare nella società e seguirne le norme sociali. Negli anni – soprattutto quelli della contestazione – questo modello è via via entrato in crisi per lasciare spazio ad un modello che si basa soprattutto sugli affetti. La famiglia affettiva mette al centro le relazioni tra i suoi membri, ed ha spesso come obiettivo la loro gratificazione affettiva.
Questi cambiamenti hanno avuto delle ripercussioni importanti sul piano educativo. Rispetto alla famiglia delle regole, quella affettiva può contare su relazioni più ricche dal punto di vista umano, e su una comunicazione più sentita tra i diversi membri della famiglia e questo è un dato senz’altro positivo. Il rovescio della medaglia è però l’indebolimento della dimensione educativa e la difficoltà a dotare i figli di quella autonomia necessaria per tagliare il cordone ombelicale con la famiglia ed entrare nella società; in questo modello di famiglia è facile osservare un forte atteggiamento protettivo dei genitori e un’impostazione dei rapporti più di tipo orizzontale, per cui i genitori spesso finiscono per fare gli amici dei figli, ponendosi al loro livello e tradendo così la loro funzione educativa.
Questa metamorfosi nelle relazioni tra i membri di una famiglia, ha probabilmente favorito il fenomeno di cui parla Charmet: un bambino che agli occhi dei genitori finisce per essere valorizzato ben al di là delle sue effettive competenze e capacità. Si tratta di un problema che, se non affrontato in tempo, finisce per esplodere in tutta la sua drammaticità nell’adolescenza. Un adolescente che negli anni della sua infanzia ha nutrito – o meglio, è stato incoraggiato a nutrire – delle aspettative troppo elevate nei propri confronti, finirà per crollare di fronte ai primi fallimenti che inevitabilmente arrivano a questa età. E la sua reazione potrebbe essere non solo di scoraggiamento e di chiusura nei confronti di un mondo che non lo capisce, che non lo sa valorizzare, che non lo accetta; ma potrebbe anche sfociare in comportamenti violenti e rabbiosi verso chi, a suo modo di vedere – ma molto spesso a modo di vedere dei suoi genitori – , lo mortifica e lo umilia ingiustamente.
Quante volte i genitori si scagliano contro un docente incolpandolo di essere stato troppo esigente nei confronti del proprio figlio? Ma quante di queste volte il problema è del docente e non invece del ragazzo che, oggettivamente, viaggia molto al di sotto delle sue possibilità? E allora, viene da chiedersi, cosa vogliamo da nostro figlio? Quali mete gli mettiamo davanti? E come sappiamo collaborare con chi assieme a noi vuole portarlo, con la giusta esigenza, ad una meta elevata e adeguata alle sue potenzialità?
Porre ai propri figli paletti, ostacoli, regole e obiettivi da raggiungere è sicuramente una sfida ardua e impegnativa ma è uno dei modi migliori per aiutare i ragazzi a prendere consapevolezza che non è il mondo che deve piegarsi verso di loro, che essi non sono sempre il centro dell’universo, che la realtà a volte è diversa da come se la immaginano, che le strade che la vita mette loro davanti non sono sempre in discesa.
Si tratta di aiutarli a riposizionare alla giusta distanza il baricentro del loro rapporto con la realtà. In questo modo li aiuteremo anche a fare lo stesso lavoro quando la realtà prenderà la forma di una persona da amare, comprendere, perdonare, stimare: azioni impossibili per chi è cresciuto con la costante convinzione di essere al centro del mondo.