Contatti

Amici di Mariele cooperativa sociale onlus | Vicolo Parco sud 2 | 40018, San Pietro in Casale (BO)

mail: segreteria@amicidimariele.it | tel (+39) 051810126 | cell e sms (+39) 3472884249 | whatsapp (+39) 3472884249 | P. IVA e Cod. Fisc. 03311391209

_____________________________________________________________________________________________________________

testo

“Noi socialisti dobbiamo essere propugnatori della scuola libera,

lasciata all’iniziativa privata e ai comuni.

La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola

è indipendente dal controllo dello Stato”

Antonio Gramsci, Grido del Popolo, 1918

domenica 16 febbraio 2014

"Genitori che avventura! Principi pratici per educare i figli"

Presentiamo il libro "Genitori che avventura! Principi pratici per educare i figli" (Edizioni San Paolo, 2013, 7 Eu, 50 pp) autrice Sofia Mattessich. Questo utile libretto spiega in poche pagine dieci principi essenziali che i genitori possono applicare per favorire una crescita serena ed equilibrata dei loro bambini. Il testo è ricco di indicazioni ed esempi pratici. I dieci principi alla base di una buona educazione dei bambini.
_______________________________________________
Nei primi anni di vita, il bambino sperimenta intensamente le dimensioni sensoriali ed emotive dell’esistenza e può essere sopraffatto da sensazioni ed emozioni, se non ha accanto un genitore che lo aiuti a “contenerle”. “Contenere” i sentimenti del piccolo significa sintonizzarsi su di essi (capirli e provarli in parte anche noi immedesimandoci in lui) e far sentire il bambino sostenuto – con le nostre braccia, la nostra voce. Man mano che nostro figlio cresce, affinché possa raggiungere un buon equilibrio psichico, è assolutamente essenziale che gli insegniamo a dare un nome a ogni sua emozione – positiva o negativa che sia.
Un individuo – di qualunque età – non necessariamente è consapevole dei propri sentimenti; la consapevolezza delle proprie emozioni, la capacità di discernerle e di gestirle non sono innate, ma si devono imparare. Il bambino piccolo sente dentro di sé una sorta di “magma” emotivo, una massa di sentimenti confusi che non sa distinguere né padroneggiare. Occorre insegnargli, prima di tutto, a riconoscere le proprie emozioni, dando loro un nome; quando, per esempio, intuiamo che nostro figlio è arrabbiato, triste o contento, potremmo dire: “Davide, mi sembra che tu sia arrabbiato/triste/contento, forse perché…?”. Il bambino che non impara a verbalizzare i suoi sentimenti, sarà inevitabilmente incapace di padroneggiarli e anche quando crescerà – non riuscendo a distinguerli, né a esserne consapevole – li esprimerà direttamente nei suoi comportamenti, senza avere la possibilità di riflettervi sopra. [...]
Alcuni genitori tendono a ignorare o rifiutare le emozioni negative – proprie e/o dei loro figli –, perché pensano che questo sia un metodo utile per superarle oppure semplicemente perché viene loro spontaneo ignorare e rifiutare ciò che è spiacevole. Niente di più sbagliato! Cancellare rabbia, gelosia, tristezza, paura ecc. dalle nostre esistenze non è possibile; se non accettiamo e non nominiamo questi sentimenti, otterremo soltanto che i nostri bambini non impareranno a gestirli: se li terranno dentro, per lasciare prima o poi che si esprimano in comportamenti disadattivi, sintomi psicosomatici e/o difficoltà relazionali. Una madre, quando suo figlio di tre anni è nervoso, dice sempre che è stanco e mai che è nervoso, perché teme di trasmettere al piccolo e agli altri l’idea che lui abbia un carattere nervoso, mentre è, al contrario, un tipo tranquillo, allegro, con un ottimo temperamento; questa madre, che ci tiene tanto a evidenziare che il suo bambino ha un carattere tranquillo, sta in realtà mettendo le basi per creargli problemi di nervosismo: il figlio, infatti, avrà difficoltà a distinguere il nervosismo dalla stanchezza e a capire quando ha bisogno di rilassarsi e quando invece ha bisogno di riposarsi. Un padre, per far sì che suo figlio sviluppi un carattere forte, ignora o sminuisce i sentimenti di dispiacere e delusione che il suo bambino occasionalmente prova; anche in questo caso, il padre otterrà l’opposto di ciò che si propone: il figlio crescerà con la sensazione che le emozioni dolorose siano qualcosa di inaccettabile e, quando gli capiterà di provarle, si troverà fragile e indifeso di fronte a un malessere emotivo indistinto che non saprà gestire e che cercherà inutilmente di scacciare. Quando il nostro bambino prova uno stato d’animo negativo, occorre: 1) aiutarlo a descriverlo; 2) aiutarlo a identificarne le cause, che spesso sono tutt’altro che evidenti sia a lui sia a noi; 3) esprimergli la nostra comprensione; 4) insegnargli a trovare modalità adeguate per farvi fronte e – quando possibile – risolvere i problemi sottostanti (per esempio, nel caso di una delusione connessa a un fallimento, potrebbe tirarsi su pensando ai successi conseguiti in altre situazioni e riflettere su come impegnarsi per raggiungere l’obiettivo mancato; nel caso del dispiacere per il litigio con un amichetto, potrebbe trovare il modo di fare la pace ecc.).
La gelosia tra fratelli è un sentimento che di frequente turba la serenità familiare. Spesso, quando un bambino si comporta male verso un fratello per questo motivo, i genitori lo sgridano dicendogli: “non essere geloso!”; in questo modo, il figlio impara che la gelosia è un’emozione che non si dovrebbe provare e, quando inevitabilmente l’avvertirà ancora, sarà dominato da un forte disagio connesso alla sensazione di essere invaso da un sentimento “sbagliato”, il che non lo aiuterà di certo a comportarsi meglio. I genitori dovrebbero, invece, distinguere l’emozione – che va accettata – dal comportamento – che va corretto e sostituito da una verbalizzazione –; potrebbero dire per esempio al bambino: “capisco che sei geloso – è normale –; la gelosia fa soffrire e, quando la provi, puoi parlarne con noi”/“quando sei geloso per qualche motivo, cerca di spiegarlo; per esempio, se una volta ti sembra che io stia dando molta retta a tuo fratello e troppo poca a te, puoi dirlo e protestare, ma senza dare sberle”.
[…]
L'autrice


Sofia Mattessich è nata a Milano (1967) e si è laureata in Psicologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano: specializzata in tematiche relative allo sviluppo di bambini e adolescenti. Mamma di Davide e Dario, si è occupata di psicologia scolastica, disabilità, formazione genitori, adolescenti, problemi familiari e di coppia; collabora con Cortina Editore nella pubblicazione di testi di psicologia.