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lasciata all’iniziativa privata e ai comuni.

La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola

è indipendente dal controllo dello Stato”

Antonio Gramsci, Grido del Popolo, 1918

mercoledì 11 novembre 2015

Educare, al cuore del metodo



Chi segue questo blog, conosce già il Professor Alessandro D'Avenia (Profduepuntozero.it) perchè è già stato più volte ospite del blog. 

Oggi rilanciamo un suo interessante articolo pubblicato proprio in data odierna su "Avvenire" (qui versione on-line: Da Avvenire: articolo) e riguardante il tema della scuola e educazione.
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Educare, al cuore del metodo
Oltre ogni riduzionismo, c'è la via. Che è Cristo

di Alessandro D'Avenia


La via dell’educare, se non si vuole rimanere disorientati dalle pedagogie più o meno riduzionistiche dei nostri tempi, è e resta solo una: Cristo. Egli ha detto di essere la via (Gv 14,6: odòs) e la parola metodo, che contiene la parola via ( metà: dopo più odòs: via), indica l’andar dietro, l’indagare attentamente, il seguire le tracce. Il metodo dell’educazione è Cristo, perché Cristo ne è la via stessa e la meta, la mappa e la destinazione, essendo anche verità e vita. Lo dice in modo efficace la patrona d’Europa Edith Stein, filosofa e martire del XX secolo, in un libro non a caso intitolato 'La vita come totalità': «Col termine educazione intendiamo la formazione dell’essere umano nel suo complesso, con tutte le sue forze e capacità. Cos’altro vogliamo raggiungere coll’educazione se non che il giovane che ci è affidato divenga un essere umano vero e autenticamente se stesso (tale quale Dio prescrive all’uomo di essere e questo sia nel senso generale della natura umana quanto in quello particolare della personalità individuale).



Come conseguire però questo fine? L’educatore deve possedere un’idea chiara e un giudizio vero riguardo a in che consista l’educazione, cioè l’autentica natura umana e l’autentica individualità. Formare esseri umani autentici significa formarli ad immagine di Cristo, ma per farlo l’educatore deve essere lui stesso un essere umano autentico». Solo Cristo è garanzia di autenticità per l’uomo di ogni epoca, perché «Cristo Redentore rivela pienamente l’uomo all’uomo stesso» ( Redemptor Hominis 9), solo il confronto continuo con la figura di Cristo e la relazione viva con lui prepara e ripara qualsiasi pedagogia incompleta, ora nella considerazione della vera natura umana, ora in quella del concreto e irripetibile darsi della natura umana in quell’uomo o in quella donna. Solo Cristo, come metodo, consente all’educatore la totale apertura all’altro come essere al contempo storico e necessario, perché voluto da Dio come figlio suo dall’eternità, nel tempo concreto che gli è dato vivere. Solo un’antropologia cristologica consente di entrare in tensione positiva con i limiti di ogni cultura ed esistenza, perché va, come il concavo con il convesso, a completare ciò che manca, trasformare ciò che è informe, purificare ciò che è ferito. Questo ci mette al riparo da qualsiasi scoraggiamento o fuga in tempi andati: «Non temete! Tutte queste difficoltà, infatti, non sono insormontabili. Sono piuttosto, per così dire, il rovescio della medaglia di quel dono grande e prezioso che è la nostra libertà, con la responsabilità che giustamente l’accompagna. A differenza di quanto avviene in campo tecnico o economico, dove i progressi di oggi possono sommarsi a quelli del passato, nell’ambito della formazione e della crescita morale delle persone non esiste una simile possibilità di accumulazione, perché la libertà dell’uomo è sempre nuova e quindi ciascuna persona e ciascuna generazione deve prendere di nuovo, e in proprio, le sue decisioni.



Anche i più grandi valori del passato non possono semplicemente essere ereditati, vanno fatti nostri e rinnovati attraverso una, spesso sofferta, scelta personale... Chi crede in Gesù Cristo ha poi un ulteriore e più forte motivo per non avere paura: sa infatti che Dio non ci abbandona, che il suo amore ci raggiunge là dove siamo e così come siamo, con le nostre miserie e debolezze, per offrirci una nuova possibilità di bene» (Lettera di Benedetto XVI sul compito urgente dell’educazione). L’amore di Dio raggiunge la creatura, se l’educatore a cui è affidata, è in relazione diretta e vitale con Cristo. Ciò avviene, per mediazione diretta, attraverso i genitori, a cui Dio affida i figli (pro-creazione), e indiretta attraverso quelle persone a cui i figli sono ulteriormente affidati dal punto di vista educativo (con-creazione). Il mio pensiero corre infatti, da un lato, ai miei genitori, che festeggiano quest’anno 50 anni di matrimonio: a loro devo la vita, l’esempio di un amore fedele, in cui per sempre è sinonimo di ogni 24 ore, e una fede vissuta nel quotidiano, come dono e compito, nelle cose di tutti i giorni, secondo l’insegnamento di San Josemaría Escrivà; e, dall’altro, ai maestri che ho avuto, in particolare il martire e beato Padre Pino Puglisi, professore di religione del mio liceo, capace di far vedere il volto di Cristo persino ai suoi assassini, rieducati alla libertà grazie a quel sorriso.



Fuori da questa via maestra (Cristo) si scivola in umanesimi parziali e incompleti, anche se a volte apparentemente efficaci e seducenti, ma uno solo resta l’umanesimo integrale: «Siamo quegli esseri complessi che vivono a livelli successivi, a un livello animale e biologico, a un livello intellettuale e umano, e a un livello ultimo che si situa in quegli abissi che sono la vita di Dio e la Trinità. Per questo abbiamo il diritto di dire che il cristianesimo è un umanesimo integrale, e cioè che sviluppa l’uomo a tutti i livelli della sua esperienza. Dobbiamo diffidare sempre di ogni tentativo di ridurre lo spazio in cui si muove la nostra esistenza. Noi respiriamo a fondo solo nella misura in cui non ci lasciamo rinchiudere nella prigione del mondo razionale e psicologico, ma dove una parte di noi sfocia in quei grandi spazi che sono quelli della Trinità. Ciò che fa sì che vi sia una gioia di vivere nel cristianesimo che è incommensurabile» (J.Danielou, Miti pagani e mistero cristiano).



Il fine dell’educazione è la gioia di vivere, che solo un figlio di Dio, che si sa tale e ne fa esperienza, può sperimentare nel tempo crepuscolare e imperfetto di questa vita. La via dell’educare è Cristo, perfetto Dio e perfetto uomo, gli educatori potranno educare nella misura in cui non sono più loro a vivere, ma Cristo a vivere attraverso loro, perché egli è il metodo stesso della pedagogia divina. Solo così potranno offrire non il respiro corto di se stessi, ma il soffio della vita tutta, piena e indistruttibile, perché «ogni creatura è oggetto della tenerezza del Padre, che le assegna un posto nel mondo. Perfino l’effimera vita dell’essere più insignificante è oggetto del suo amore, e in quei pochi secondi di esistenza, Egli lo circonda con il suo affetto» ( Laudato si’, n.78), se è così per i gigli del campo, cosa sarà per i figli degli uomini, che Dio affida a noi educatori?

sabato 7 novembre 2015

Educare all'affettività e alla sessualità: da dove partire

Oggi si fa un gran parlare di corsi sulla sessualità e gender nelle scuole. Molto spesso se ne parla quasi a sproposito e comunque senza le necessarie basi di conoscenza.

Per questo crediamo valga la pena conoscere ed approfondire temi importanti quali l'educazione alla affettività e alla sessualità, partendo da quanto la realtà già offre di positivo.

Tra questi segnaliamo il progetto "TeenSTAR", programma di educazione affettiva e sessuale che tiene conto della totalità della persona e delle differenze tra uomo e donna

Qui di seguito una breve presentazione:



"Credo che valga la pena di riflettere innanzitutto sulla scelta stessa di parlare di educazione all'affettività e alla sessualità"
di Raffaella Iafrate

Nella nostra società attuale ci troviamo davanti ad una cultura dominata da uno sbilanciamento a favore degli aspetti emozionali a discapito di quelli valoriali con un'affettività sradicata dall'ethos, da una prospettiva di senso, percepita come pura saturazione di un bisogno, senza direzione e scopo, ridotta a puro sentimentalismo, a ciò che si sente, si prova. Anche a livello educativo si osserva tale equivoco sbilanciamento: gli affetti paiono non bisognosi di educazione.

Già nelle prime relazioni con i bambini piccoli, si educano i bambini sul piano cognitivo e -al limite- comportamentale, ma si ritiene l'affettività come non educabile, a favore di uno spontaneismo che si risolve in un puro soddisfacimento dei bisogni immediati. E tale atteggiamento è poi mantenuto anche lungo il percorso di crescita, dalla scuola che si occupa di educare cognitivamente e culturalmente, ma che riserva poco spazio alle dimensioni affettive e relazionali; alla formazione degli adolescenti, sempre più seguiti ed emancipati sul piano intellettuale e sempre più disorientati e in balia delle proprie dirompenti emozioni sul fronte relazionale ed affettivo. (Ultimamente qualche segnale sul fronte dell'educazione alle emozioni: importante dare nome alle emozioni e a usarle come veicolo di senso, visto come è difficile anche questo ma non ancora educazione agli affetti.)
 
È quantomeno curioso, se non inquietante, osservare come il mondo moderno, così attento a promuovere la crescita intellettuale delle nuove generazioni, così aperto all'investimento di energie sul piano culturale, si accontenti di formare personalità che pur essendo cognitivamente evolute, sono affettivamente incistate in uno stadio evolutivo infantile, in un'affettività primordiale e incontrollata, spesso fonte di sofferenza, se non di vera e propria patologia relazionale.

Il mondo degli affetti chiede dunque di essere formato e per così dire raffinato da un lavoro educativo, non meno lungo e impegnativo di quello richiesto per la formazione delle menti e delle cognizioni.

In caso contrario, il rischio incombente è quello di ridurre l'affetto all'emozione e dunque di far diventare lo spazio dell'incontro con l'altro uno spazio di esclusiva espressione dei propri bisogni e dei propri desideri.

Chiedersi il significato delle parole è importante (l'uso di parole su facebook lo dimostra, giovani spesso banalizzano amicizia tvb...uso del corpo di conseguenza) C'è infatti una notevole differenza di significato tra la parola emozione e la parola affetto anche se oggi si tende ad utilizzarle in maniera intercambiabile. 

(Articolo completo qui Emozioni & Affetti)


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Scheda riassuntiva 
programma TeenSTAR:

Che cosa è il Teen STAR?

Un programma di educazione affettiva e sessuale che tiene conto della totalità della persona, utilizza il metodo induttivo e coinvolge al tempo stesso ragione e sfera emozionale.



Il metodo Teen STAR

(Sexuality Teaching in the context of an Adult Responsability), è stato sviluppato agli inizi degli anni ’80 dalla ginecologa statunitense Hanna Klaus in risposta alle innu merevoli domande dei giovani, i teen-agers ai quali (soprattutto) il metodo si rivolge.

Nel logo dell’associazione è rappresentata una stella: ogni punta indica un aspetto della persona (fisico, emozionale, intellettuale, spirituale, sociale) che emerge in relazione alla sessualità.

Oggi il Teen STAR è un programma educativo che conduce i giovani ad avere uno sguardo maturo sulla sessualità, li aiuta a scoprire la preziosità del linguaggio del corpo, promuove l’accoglienza e la comprensione reciproca rendendoli consapevoli della diversità sessuale in tutti gli aspetti della personalità.



Cosa fa il tutor Teen STAR?

Accompagna i ragazzi in un processo di conoscenza della propria corporeità e di comprensione del valore e dell’importanza del proprio corpo, attraverso un percorso di una quindicina di incontri nell’arco di sei-otto mesi, che prevede:

. Gruppi specifici in base al sesso per la comprensione della fisiologia maschile e femminile

. Gruppo misto per gli aspetti sociali e relazionali

. Insegnamento interattivo centrato sulla consapevolezza dell’esperienza

. Accompagnamento personale


L’esperienza diffusa in molti Paesi dimostra che il programma Teen STAR può essere integrato nell’insegnamento scolastico


Informazioni sul sito : TeenStar.it