Sul boom delle diagnosi – Dsa, Adhd e compagnia – il ravennate Andrea Canevaro, docente di Pedagogia all’Università di Bologna e padre del sostegno scolastico, ha un’idea precisa: “Abbiamo
tutti una diagnosi. Io, per esempio, ho problemi di equilibrio. E stare
al cellulare mi causa dolori. Ma non mi fermo. E provo a stare bene”.
Il docente, che a gennaio ha tenuto l’incontro“Questione di sguardi” per il ciclo “Confronti educativi” organizzati da “L’isola di Peter Pan” di Cesena (via Orsini 22/24), sa che guardare i bambini fuori dalle gabbie mentali che, sul loro conto, ci siamo costruiti, per gli adulti è una sfida enorme:
“Anche prima che vengano al mondo, ci creiamo delle aspettative che,
per quanto umane, rischiano di essere troppo rigide. La capacità di
accogliere l’inaspettato è un’occasione fondamentale, da non perdere. Ci
può restituire solo cose belle”.
Un discorso che, a suo dire, non vale solo per la disabilità: “Un certificato o un’idea troppo fissa di quello che, quel bambino o quella bambina, sarà, sono controproducenti.
I più piccoli hanno bisogno, fondamentalmente, di due cose: essere
stimati da qualcuno che, possibilmente, apprezza il bello e avere delle
basi sicure, quindi allargabili all’esterno. Tutto questo serve ad
andare avanti, a vedere in quel bambino un futuro”.
Un esempio? La sindrome di Down: “Conosco almeno quaranta persone che ce l’hanno. Ma sono diversissime l’una dall’altra. Se
pensassi, come lo stereotipo vuole, che quelli con la sindrome di Down
sono paffutelli e sempre sorridenti, sbaglierei: ce ne sono altrettanti
magri, irritabili e permalosi. La diagnosi è solo un punto di
partenza, il resto è tutto da esplorare e da capire. Lo sguardo
dev’essere bifocale: guardare il punto in cui sono e l’orizzonte, al
tempo stesso. Per chi ha a che fare con chi deve crescere, è
fondamentale”.
Ci vorrebbe, ragionando per assurdo, uno zio materno:
“Nella cultura subsahariana è colui che ci rivela ciò che non riusciamo
a vedere, che entra in scena a farci vedere il bello. Perché alla fine,
quello che succede non corrisponde mai esattamente a quello che avremmo
pensato”.
Articolo estratto dal sito www.emiliaromagnamamma.it
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