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testo

“Noi socialisti dobbiamo essere propugnatori della scuola libera,

lasciata all’iniziativa privata e ai comuni.

La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola

è indipendente dal controllo dello Stato”

Antonio Gramsci, Grido del Popolo, 1918

mercoledì 31 luglio 2013

Genitori: compiti per le vacanze. Pillole di orientamento familiare Punizioni o elogi? (4)

Questa settimana proponiamo una riflessione sul tema dell'atteggiamento nelle occasione dei rimproveri: punizioni o elogi?

In questa riflessione ci aiuta un articolo di qualche mese fa  a firma di Giulia Zaiino, sulla sezione del "Corriere della Sera - Educazione dei Bambini", in interviene anche il Prof. Gustavo Pietropolli Charmet, psichiatria, psicoterapeuta che negli anni '90 è stato nominato dal Consiglio Superiore depsichiatria, psicoterapeutalla Magistratura Giudice Onorario del Tribunale per i Minorenni.

E' direttore dell’Osservatorio Giovani IPRASE di Trento e Direttore scientifico della collana "Adolescenza, educazione, affetti" dell'editore Franco Angeli Editore di Milano. Nonchè  nel 2012 ha diretto la collana "La Biblioteca dei genitori" del Corriere della Sera.

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Giulia Ziino

Per i figli altro che punizioni. Meglio gli elogi e gli abbracci.


Gli psicologi Usa: la severità rende aggressivi. La sanzione non deve mortificare, ma il dialogo non serve


Educazione dei bambini
Madre tigre addio, ora vince l'approccio gentile. Si chiama «terapia di interazione tra genitori e figli» ma, più semplicemente, è la tendenza, propugnata da una parte degli psicologi infantili, ad accantonare le punizioni (per lo meno quelle troppo drastiche) e a privilegiare elogi e abbracci. In pratica, l'imperativo per i genitori è: non fissatevi sui comportamenti «cattivi» ma valorizzate quelli «buoni». Negli Stati Uniti il dibattito lo ha aperto il Wall Street Journal : «Cominciate a elogiare i vostri figli e, di conseguenza, aumenterà la frequenza dei "buoni comportamenti"» è la sintesi fatta al quotidiano americano da Timothy Verduin, docente di Psichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza all'Università di New York. Non solo: gli elogi - avvertono Verduin e altri esperti - devono essere accompagnati da abbracci o manifestazioni «fisiche» di affetto, per stabilire - e rinsaldare - il legame tra genitori e prole. Le tecniche di approccio «interattivo» vengono usate spesso con i ragazzi difficili, inclusi quelli con deficit di apprendimento o iperattivi, ma la filosofia di base che le guida può adattarsi anche agli altri bambini. E di tutte le età: anche se prima si comincia meglio è, perché, se non lo si è fatto prima, a 10-11 anni imporre la disciplina diventa più difficile.

PUNIZIONI
Punire o non punire? «La punizione rende aggressivi» dicono gli psicologi americani citando le statistiche che mettono in correlazione le sculacciate ricevute nell'infanzia con i comportamenti violenti e conflittuali in età adulta. Gli stessi medici, però, bocciano anche l'approccio dialettico: ragionare insieme, soprattutto quando si tratta di bambini molto piccoli, non serve (come, da grandi, non servono avvertimenti «ragionevoli» come quelli stampati sui pacchetti di sigarette).

L'ELOGIO
La formula perfetta starebbe nell'elogio: ai genitori si chiede di identificare i comportamenti positivi che vogliono ottenere dai figli e, quando li vedono attuati, mandare ai piccoli un riscontro positivo. Ma se l'elogio serve ad aumentare l'autostima la demonizzazione a priori del castigo non trova tutti d'accordo. «Il castigo è un'arte, e molto difficile» spiega lo psicoterapeuta Gustavo Pietropolli Charmet. Che illustra il metodo: «Bisogna prima di tutto capire qual è la comunicazione implicita contenuta nella trasgressione della regola: nella violazione di un patto c'è sempre, nel bambino, una speranza di potersi affrancare, di crescere. Se capiamo questo suo desiderio e lo aiutiamo a realizzarlo non ripeterà il comportamento scorretto».

L'ARTE DEL CASTIGO
Ma come fare? «La sanzione non deve mortificare ma aiutare a crescere. Per esempio, se la trasgressione sta nel non apparecchiare la tavola, si potrebbe far frequentare al bimbo un corso di cucina, per sviluppare una competenza legata al cattivo comportamento». L'arte del castigo, insomma: «La punizione - nota Charmet - è un momento educativo molto alto: il bambino che trasgredisce non si aspetta di provare un dolore fisico o morale come conseguenza della sua azione, ma vuole vedere quale sarà la reazione degli adulti al suo superare i limiti fissati» Ecco perché il «buon» castigo conclude lo psicoterapeuta, «richiede tempo e astuzia». E non deve essere una sculacciata, «o un togliere ai figli i soldi, le uscite o l'uso del computer». Sì al castigo allora, ma con intelligenza.

L'AUTOSTIMA
E l'autostima? Secondo la psicoterapeuta Federica Mormando perché il genitore trasmetta al figlio un'idea positiva si sé non bastano gli elogi, ma serve un'azione a 360 gradi. Quanto alle sgridate è necessario andare alle radici del problema: «Non è questione di giudizi positivi o negativi dati da genitori ai figli - nota Mormando - quando di educazione: bisogna educare i bambini insegnando loro poche cose ma chiare e inesorabili. E difenderle con autorità: se il genitore non è autorevole, castigo o no, c'è poco da fare».


Giulia Ziino 
@giuliaziino

mercoledì 24 luglio 2013

Genitori: compiti per le vacanze. Pillole di orientamento familiare: "curare il talento" (3)

Questa settimana proponiamo una riflessione su un tema molto importante per l'educazione dei nostri bambini: lo sviluppo del talento.

La riflessione ci viene da un'insegnate un pò speciale: il professor Alessandro D'Avenia.
Il prof. D'Avenia da l'idea di essere uno che non si arrabbia mai. Nato a Palermo 36 anni fa, oltre ad insegnate in un liceo milanese da oltre 13 anni, è anche scrittore e sceneggiatore italiano. Ha scritto due romanzi "Bianca come il latte, rossa come il sangue" (2010) e "Cose che nessuno sa" pubblicato l'anno successivo. Nella stagione scorsa è uscito il film tratto dal suo primo libro "Bianca come il latte, rossa come il sangue" con Luca Argentero e Aurora Ruffino

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Alessandro D'Avenia

Com'è sta' storia del talento?


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Il talento è la forza di gravità che porta un uomo e una donna ad occupare il proprio posto nel mondo, perché è il suo modo unico e irripetibile di relazionarsi con il mondo (il creato, gli altri, Dio).

Un mio amico architetto mi ha spiegato qualche giorno fa che il suo “talento” è nato dal fatto che, avendo perso il padre da bambino ed essendo il maggiore, ha dovuto risolvere mansioni spesso paterne in famiglia. Che c’entra con l’architettura? Una delle prime cose che gli capitò di dover risolvere ancora dodicenne fu un trasloco e toccò a lui ricostruire in pianta la nuova casa e collocare i mobili della vecchia, così da capire cosa portare, dove collocare ogni pezzo. Una mancanza lo ha reso creativo.

Il talento è un insieme complesso di caratteristiche maturate durante l’infanzia (soprattutto) e l’adolescenza (il loro emergere), frutto di predisposizione naturale e di fattori ambientali, che non si ripetono mai due volte, neanche in due gemelli.

L’esempio del mio amico mostra che la privazione genera creatività. Si sa che il bambino privato di qualcosa è costretto a mettere in atto la sua immaginazione per risolvere il dolore. Se un bambino chiede un secondo gelato e i genitori pur di non sentirne i capricci glielo comprano non solo lo viziano, ma gli tarpano le ali. Chi ha tutto non comincia mai la ricerca, perché non mette in moto l’immaginazione, la creatività, la sua relazione con il mondo a partire dalle proprie risorse interiori. Se i genitori resistono il bambino dovrà trovare altro per occupare il suo “bisogno” e lenire il dolore, magari sarà un gioco inventato sul momento: un mazzo di chiavi che diventa un amuleto, un bastone che diventa una spada. I bambini che hanno tutto e hanno tutto il tempo pieno, che non si annoiano mai, sono atrofizzati nella loro creatività, riempita dall’esterno e mai sgorgante dall’interno. E lo stesso vale per i ragazzi rimpinzati di oggetti e tempi pieni. Quelli che non si annoiano mai, sono fregati: il loro processo creativo, cioè lo scavare e scovare le risorse dentro di sé e non fuori, per arginare il vuoto e il nulla, rimane bloccato.

“Lasciate che i bambini vengano a me”, indica la necessità di essere bambini per accedere a Dio. Solo il bambino che è in noi può accedere, perché suo è il regno dei cieli, cioè il luogo in cui la chiamata di Dio, con i talenti ricevuti, è evidente. Purtroppo poi gli uomini a cui è affidato il talento di altri possono rovinarlo, schiacciarlo, distruggerlo, standardizzarlo.

Il mio amico architetto mi spiegava che il suo non è altro che un modo di rapportarsi al mondo, di guardare le cose, maturato da quando era bambino e che lui non fa altro che applicare a tutto lo spazio circostante, con l’idea di metterlo in ordine e di renderlo funzionale per gli altri.

Il talento è cristallino nei bambini: basterebbe guardare un bambino per intercettarne a livello seminale e potenziale il talento che lo porterà ad occupare il suo posto nel mondo. E attenzione non sto parlando di posto di lavoro, ma di centro della propria esistenza che andrà coltivato indipendentemente dal lavoro che poi si riuscirà ad ottenere.

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mercoledì 17 luglio 2013

Genitori: compiti per le vacanze. Pillole di orientamento familiare: "Imparare a ricominciare ogni volta che si è sbagliato" (2)

dal sito : http://www.comunicareinfamiglia.com/
Questa settimana, nell'ambito delle "pillole di orientamento familiare (compiti per le vacanze dei genitori)", ci dedichiamo al tema dei rapporti tra coniugi, con la consapevolezza che ogni coppia ha momenti bellissimi ma anche momenti più impegnativi.
Ed è proprio in quei momenti che occorre "un lavoro più profondo".
Il pretesto ci è suggerito da un piccolo estratto del libro "La famiglia imperfetta" scritto da Mariolina Ceriotti Migliarese.
Mariolina Ceriotti Migliarese è neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta. Lavora in un servizio territoriale di Neuropsichiatria Infantile ed esercita attività privata come psicoterapeuta per adulti e coppie. Da molti anni si occupa di formazione di genitori e insegnanti. Collabora con la rivista Fogli, per la quale tiene una rubrica mensile. Sposata dal 1973, ha sei figli dai 32 ai 12 anni, e due nipotine.



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Mariolina Ceriotti Migliarese

Una sfuriata, la porta sbattuta, urlate girando per casa, giudizi brutali, accuse esagerate… Poi si resta male da una parte e dall’altra. Non abbiamo il coraggio di parlarci, di guardarci. Teniamo il muso, ci chiudiamo in noi stessi e nel nostro silenzio risentito o imbarazzato, con un sentimento di impotenza.

Ma è l’immaginazione e l’orgoglio che il più delle volte ingigantiscono il problema.

Facciamo un bel respiro profondo, poi un altro e un altro ancora. Scegliamo il modo di calmarci: sediamoci oppure camminiamo sempre più lentamente, oppure facciamo una breve passeggiata all’aperto. Poi rielaboriamo nella nostra mente l’accaduto e “smontiamo i pezzi”, li esaminiamo da vicino uno per uno – quella frase, un sentimento, un pensiero – e con calma arriviamo alla verità su noi e su quello che è accaduto. Siamo sinceri con noi stessi.

“Imparare a ricominciare ogni volta che si è sbagliato è uno degli apprendimenti più necessari e importanti per vivere bene, e possiamo farne esperienza proprio in famiglia, così come possiamo imparare che si può chiedere scusa e venire sempre perdonati, e che si può imparare a riparare le relazioni nella sicurezza protettiva del legame reciproco” (M. Ceriotti Migliarese, La Famiglia imperfetta, ARES, p. 27).

Se c’è fiducia e desiderio di volersi bene, la maggior parte delle situazioni è riparabile. Se si punta sull’amore reciproco, si utilizza tutto, non si butta via niente di quello che accade in famiglia; tutto serve per imparare in continuazione e per affinarsi nella relazione reciproca.

Estratto dal sito : Comunicareinfamiglia.com




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Il libro "La famiglia imperfetta" (Edizione Ares)
E'  come se lentamente, ma inesorabilmente, si fosse insinuata nella mente di tutti noi una profonda sfiducia nella nostra possibilità di prenderci cura adeguatamente dei nostri figli: se davvero il nostro ruolo è così delicato e importante come affermano gli psicologi, e se i nostri inevitabili errori possono determinare effetti così funesti, come possiamo deciderci a rischiare? Eppure, il bambino che nasce in risposta alla nostra disponibilità alla vita porta in dote qualcosa per noi: la fiducia assoluta che il cucciolo d’uomo ha in colui al quale viene affidato. Questa fiducia così totale, questo essere inermi e bisognosi di tutto, attiva in noi un desiderio di risposta. Ogni figlio che viene al mondo desidera e merita il miglior rapporto possibile proprio con quei genitori che gli sono toccati in sorte, e non con altri ipotetici genitori più perfetti... I nostri figli vogliono proprio noi, così imperfetti e in cammino come tutti siamo.
«Mariolina Ceriotti Migliarese», scrive il celebre psicologo Marcello Cesa-Bianchi nell’invito alla lettura di queste pagine, «dalla sua esperienza ha cercato e recepito l’insegnamento che porta a quel “buon senso” di cui tanto si avverte la mancanza. Tuttavia il “buon senso”, il testo lo conferma, non è sufficiente: deve essere accompagnato, anche negli scritti che riguardano la famiglia, da un profondo e sistematico aggiornamento scientifico, e da quella sapienza che solo l’operato sul campo può offrire, nella riscoperta di valori che mai dovranno andare perduti, quali il rispetto reciproco tra generazioni, la comprensione e la solidarietà fra tutti i componenti della famiglia, una affettività che accompagni, con una creatività sempre maggiore, i bambini e gli anziani, i nonni e i nipoti, e quell’ironia che è bene segua tutta la vita dell’uomo con il suo intelligente sorriso».

Per maggiori informazioni e/o acquisti visita: Ares Edizioni

mercoledì 10 luglio 2013

Genitori: compiti per le vacanze. Pillole di orientamento familiare: "educare al positivo" (1)

Con oggi iniziamo la pubblicazione di una sorta di "compiti per le vacanze per genitori"

Il periodo estivo è anche quello in cui si riesce fortunatamente a trascorrere un pò piu' di tempo con i propri figli.

Per questo proponiamo alcune piccole e sintetiche "pillole" di orientamento familiare per stimolare la riflessione e migliorare (se è possibile) la formazione di genitori, con l'obiettivo di mettere in pratica proprio nel periodo estivo, le riflessioni che saranno ritenute da ciascuno condivisibili.

Pubblicheremo una "pillola" ogni settimana fino al 7 agosto, anche come anticipazione del corso di "orientamento familiare" che terremo a partire da ottobre e di cui presto daremo informazione.

Iniziamo questi appuntamenti grazie ad un contributo di Paolo Pugni, milanese, quarantotto anni, coniugato e padre di tre figli, fondatore e amministratore delegato di Adwice: Svolge da anni attività di consulente direzionale con multinazionali e importanti aziende italiane. Partecipa come relatore a conferenze internazionali sia sui temi strettamente collegati con la sua professione, ma anche nel settore dell’orientamento familiare e della pedagogia. Ha pubblicato diversi libri tra cui "Matrimonio D'Amore" (edizioni Ares) scritto con Arturo Cattaneo e Franca Pugni



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di Paolo Pugni

Educare al positivo, per crescere meglio!


(dal blog Mamma, Papa' e .....me )



Educazione positiva, eh si! 

Positiva perché si basa sulla stimolazione di buone abitudini e comportamenti invece che focalizzarsi sul lato negativo del comportamento e sulla repressione di essi.

Incoraggiando i suoi tentativi in ogni ambito di crescita si riesce infatti a mettere in rilievo le sue capacità e i suoi talenti soprattutto in caso di “insuccesso”, gratificandolo per i suoi progressi quotidiani e incitandolo con fiducia a ritentare. Si tratta di tramutare il rimprovero in lode: “Sei disordinato” può trasformarsi in un “Forza, so che sei capace di riordinare”, frase che richiama nel  bambino il fatto di essere capace, di essere in grado.

Puntare sui lati di forza, piuttosto che su quelli di debolezza, incrementa la fiducia nei bambini e dà loro gli strumenti per migliorarsi; il bambino viene sollecitato, infatti, a utilizzare gli ambiti nei quali riesce meglio per potenziare quelli nei quali fa più fatica.

Se ad un bambino dico “Non va bene che fai così”, per prima cosa il bambino ci rimane male perché è stato sgridato, seconda cosa non gli offro degli strumenti per migliorare, forse lui fa così perché non gli è mai venuto in mente di fare in altro modo. Se invece io dico “Prova a fare così” il bambino non ci rimane male (perché non l’ho sgridato) e vede il problema e il comportamento da un altro punto di vista... capisce così che c’è un altro modo di fare tale attività.

Cercare di fare vedere qual è l’obiettivo: cosa guadagna se si comporta bene. Quando si riesce ad applicare questa metodologia di educazione ha degli effetti fantastici, perché non viene represso un comportamento sbagliato ma viene additato un comportamento corretto o migliore.

Il bambino potenzia la propria autostima, sicurezza, inventiva ed altruismo ed è in grado di imparare anche dai momenti di fallimento, poiché è capace di rielaborare l’accaduto senza farsi travolgere emotivamente dall’insuccesso.

Il clima che si viene a creare in una situazione di educazione positiva è un clima di fiducia: la serenità e l’ottimismo prendono il sopravvento anche in situazioni per il bambino “problematiche”.


Ne risulta che un bambino sicuro di sé e dell’ambiente che lo circonda è certamente più motivato ad imparare dalla realtà e a relazionarsi con gli altri.




Pubblicato da Paolo Pugni, Mamma, Papa' .... e me (leggi altri interessanti spunti)