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testo

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lasciata all’iniziativa privata e ai comuni.

La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola

è indipendente dal controllo dello Stato”

Antonio Gramsci, Grido del Popolo, 1918

giovedì 23 agosto 2018

Educare ad un'umanità nuova significa fare memoria dei nostri passati. La relazione del Prof. Duccio Demetrio


Pubblichiamo qui un estratto dell'importante relazione tenuta dal Prof. Duccio Demetrio nel corso del convegno "Educare a una nuova Umanità, dialogo e confronto con le prospettive antropologiche della cultura contemporanea" Molfetta, 27 febbraio 2015.


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“Oggi ci sono culture contemporanee, mai una sola cultura. Ci sono le molte culture, ci sono i conflitti fra le diverse culture, culture all’interno del nostro mondo, culture che appartengono ai mondi più diversi, i conflitti stanno raggiungendo livelli assolutamente drammatici e di guardia e anche questo rapporto, quindi al plurale, con le culture, non può essere indifferente rispetto ai problemi, alle problematiche educative.

Qui in Puglia so che, anche tra i colleghi universitari della vostra Regione, c’è sempre stata una grande attenzione al discorso dell’incontro tra culture, tra lingue, tra diversità. E questo costituisce già un motivo, forse il primo che sto pronunciando, di grande comunanza, di grande interesse reciproco, per l’aiuto che possiamo fornire a chi è approdato sulle nostre terre e continua, angosciantemente, ad approdarvi.

Ma la nostra possibile interazione di idee, di pratiche, di gesti e di atti, si sperimenta anche qui ! Si sperimenta soprattutto qui, venendo incontro alle solitudini, alla perdita di identità, allo sradicamento, alla morte possibile. Ecco innanzitutto quindi il “plurale”.

Ed educare però anche ad una umanità nuova significa, a mio dire, domandarsi a quali umanità importanti, a quali umanesimi importanti, dobbiamo fare riferimento; non solo in una visione verso il futuro, verso il possibile ma in rapporto alle umanità che ci hanno anche preceduto, alle umanità che hanno lasciato messaggi e princìpi e valori che dobbiamo forse riprendere e riproporre senza timore del vecchio, talvolta anche dell’antico; e quindi guardare verso una umanità nuova significa non voler dimenticare. Recentemente ho letto, con grande interesse, un articolo di Jean-Louis Bruguès , apparso su “Vita e pensiero”, rivista dell’Università Cattolica, dal titolo “Il valore della memoria nel messaggio cristiano”.

Mi ha molto colpito.

Leggo soltanto un frammento per tentare di spiegare meglio cosa intendo per “cruciale relazione col passato e con la memoria”. Io so che per i credenti il rapporto con la memoria è un rapporto fondamentale, è un rapporto che mette in evidenza quel messaggio straordinario: agite in memoria di me! Cosa sostiene questo studioso? «È dunque evidente che l’atto del ricordare ricopre una doppia funzione. Da una parte permette di accedere all’identità, e in questo caso all’identità di Dio, ma il dato vale anche per gli essere umani. Se non conosco il mio interlocutore, gli domando di ricordarmi fatti passati, le circostanze dell’incontro precedente che mi permettano di collocarlo e identificarlo. D’altro canto l’atto del ricordare istituisce un patto di reciproca fiducia. È proprio perché Dio ha liberato il suo popolo dalla schiavitù dell’Egitto che il popolo può dar credito alle sue richieste, alle sue promesse. Ma questa osservazione ha valore anche per la vita sociale. È proprio perché conservo la memoria della benevolenza ricevuta da qualcuno che mi posso fidare di lui».

Ecco, oggi forse per molti la memoria è una moneta che non vale nulla, che si tratta di spendere subito, nel presente. Io credo che tra un pensiero laico e non credente consapevole ed un pensiero religioso, la memoria invece possa costituire uno dei momenti più alti, più importanti, non tanto di difesa del vecchio, di ciò che è inesorabilmente, anche per nostra fortuna, divenuto ormai obsolescente; ma c’è una memoria che fertilizza il presente, che fertilizza il nuovo. Ecco questo è un aspetto che voglio richiamare perché indubbiamente si ricollega al tema dell’educazione. Non possiamo pretendere di educare astenendoci dal riproporre ciò che è stata la storia; la storia non soltanto nella sua vastità e complessità, ma la storia individuale, la storia personale. Oggi il grande interesse che va suscitando un argomento del quale mi occupo da una decina di anni, che è l’argomento della soggettività autobiografica, rappresenta, dicevo, un interesse anche tra i più giovani, a mio parere molto incoraggiante. Perché scrittura autobiografica non significa soltanto abbandono al proprio narcisismo, al proprio edonismo.

Scrittura autobiografica vuol dire avere il coraggio di guardare qual’è stata la propria storia, quali memorie portiamo dentro di noi e che cosa è bene ed è necessario non obliare, non dimenticare, per diventare quindi di nuovo protagonisti di una propria soggettività che può essere stata ferita e offesa”

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Duccio Demetrio insegna Filosofia dell'educazione all'Università degli Studi di Milano Bicocca. Direttore della rivista Adultità, è fondatore della LIbera Università dell'Autobiografia di Anghiari e della Società di Pedagogia e didattica della scrittura. Ha pubblicato, fra l'altro, Raccontarsi (1996), Elogio dell'immaturità (1998), Autoanalisi per non pazienti (2003), Filosofia del camminare (2005), La vita schiva (2007).

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