Franco
Nembrini, per decenni è stato professore di italiano e è fondatore della scuola
media libera “La Traccia” di Calcinate (BG), aveva lanciato
l’idea di eliminare un anno scolastico anni prima della proposta del “liceo
breve” del ministro Fedeli. «Per mia esperienza, vedo che gli studenti italiani
all’estero fanno un’eccellente figura per il loro livello di preparazione. Il
liceo italiano garantisce un’istruzione che gli altri paesi ci invidiano» dice
Nembrini a tempi.it.
Nembrini è un professore noto, non solo per i suoi libri
(l’ultimo su Pinocchio), ma anche per molte sue apparizioni tv (seguitissime le
sue lezioni su Dante Alighieri).
«Il
problema – prosegue parlando con tempi.it – è che il nostro sistema scolastico
è in caduta libera. Spesso dico, con un tono forse un po’ troppo fatalista, che
stiamo perdendo una generazione per strada e non ce ne accorgiamo». La
questione centrale dunque non è la lunghezza del percorso scolastico, ma la
natura e la qualità degli insegnamenti. «La riduzione del liceo a quattro anni
può sanare il gap che ci distanzia dal resto dell’Europa, ma questo deve
indurci a riflettere sul nostro sistema educativo. Che tipo di ragazzi vogliamo
formare? Con quali strumenti?».
SCUOLA
SOFFOCANTE
Quello
che manca alla scuola di oggi, sostiene Nembrini, «è l’amore verso la persona e
verso la verità. Se non si ama la persona e la verità più delle proprie
opinioni e di se stessi, l’educazione diventa quasi impossibile». Il professore
ha avuto modo di constatare in prima persona gli effetti di questa
degenerazione: «Quello che mi ha fatto più soffrire nella mia carriera di
insegnante è stato vedere intelligenze e personalità brillanti soffocate da una
scuola incapace di conquistare i propri studenti, di interessarli e motivarli. Lo
dicono anche molti intellettuali del passato: ciò che è veramente importante
nell’educazione e per la vita non può essere spiegato dai libri, ma deve essere
mostrato dalla testimonianza di chi lo vive. È con questa testimonianza di
interesse alla vita che l’alunno è conquistato e allora impara con facilità».
Il disastro moderno, secondo Nembrini, è il disinteresse che la scuola suscita
nei ragazzi, finendo per far odiare ciò che invece dovrebbe insegnare ad amare.
ISTRUZIONE
ED EDUCAZIONE
«Per
anni ci siamo raccontati la menzogna di un’istruzione separata dall’educazione»
dice Nembrini. «È vero che la scuola non sostituisce la famiglia, ma rinunciare
ad educare ha segnato la fine della scuola. Il disinteresse per l’educazione ha
trascinato con sé il disinteresse per la conoscenza e le discipline». Per
cambiare le cose è necessario che un’intera generazione di adulti si fermi a
riflettere su questa questione. «Se per esempio le famiglie confondo il bene
dei figli con il risparmiare loro la fatica, si cade in contraddizione quando
la scuola richiede agli studenti di compiere uno sforzo. Le discussioni che ne
conseguono portano solo confusione e chi ci rimette sono i ragazzi».he invece
dovrebbe insegnare ad amare.
LA
TECNOLOGIA
I
giovani di oggi, dice Nembrini, sono sottoposti ad una pressione sociale molto
forte dovuta alla pubblicità e a nuovi modelli comportamentali, per questo il
compito di guidarli verso l’età adulta spetta a «maestri più decisi e
attrezzati di un tempo». Contrariamente alla vulgata comune però, Nembrini è
scettico sulle speranze risposte nei nuovi strumenti tecnologici, secondo lui
sopravvalutati, utilizzati a scuola nel tentativo di catturare l’attenzione
degli alunni. «Non funzionerà perché la vita dei ragazzi è già piena di
tecnologia. Il suo uso esasperato li ha confinati alla solitudine. La sfida
dell’insegnante sta nel proporre un’esperienza reale e diretta, che li spinga a
mettere volontariamente da parte i cellulari o tablet e li appassioni ad
un’avventura conoscitiva»
L’USO
DEL PENNINO
La
tecnologia certamente può supportare l’insegnamento, concorda Nembrini,
l’importante però è che questa non soffochi certe abilità che i ragazzi di oggi
stanno perdendo, come la creatività. «Quando andavo alle elementari (si usava
ancora l’inchiostro e il pennino), il maestro ci insegnava che se tenevamo il
pennino con una certa inclinazione si otteneva un tratto finissimo, mentre se
lo premevamo con più forza sulla carta aprendone la punta il tratto risultava
più largo. Ci faceva così esercitare in calligrafia e alla fine, guardando il
mio lavoro, avevo la percezione sicura che quella pagina era unica, era la mia,
con la mia grafia. Io per esempio reintrodurrei questi esercizi di scrittura
con il pennino nei primi anni delle elementari per insegnare ai bambini il
gusto della creatività, oltre che per favorire il rafforzamento della
personalità correlato alla scrittura». Nembrini è convinto che i metodi di
insegnamento tradizionali non siano in contraddizione con le moderne
tecnologie: «Le maestre elementari ridono e dicono che mentre loro vogliono la
lavagna elettronica, io chiedo ancora l’uso del pennino. Ma la due cose possono
benissimo convivere. La tecnologie offre grandi potenzialità, ma bisogna stare
attenti perché questa non mortifichi né la creatività né la libertà»
MEMORIA
ESTERNA
Il
pieno accesso al sapere tramite Internet, osserva Nembrini, ha portato i
ragazzi a memorizzare meno informazioni. «Chiedi a un ragazzo chi è stato il
primo presidente italiano dopo la Seconda Guerra Mondiale e lui trova la
risposta con un click. Ma se gli ripeti la domanda la sera stessa, se ne è già
dimenticato». Il rischio di una “memoria esterna” è estremamente insidiosa e
assolutamente da non sottovalutare: «La perdita della memoria è una tragedia
incalcolabile perché senza di essa, senza la storia, non si è uomini. Si
diventa burattini facilmente controllabili dall’esterno».
RIFORME?
Riuscire
a coniugare tecnologie, creatività e memoria «richiede competenze non da poco,
bisogna formare insegnati in grado di farlo. Per un compito così stimolante,
servono innanzitutto docenti motivati». Il problema vero, dice l’esperto che
per quarant’anni si è occupato di riforme scolastiche, è però politico: «Queste
non sono mai riforme della scuola, ma riforme per la gestione del personale
scolastico. Gli studenti, le materie, i metodi didattici non trovano posto nei
piani dei sindacati e dei ministri. Dopo tutte queste riforme sbandierate come
epocali nelle campagne elettorali, quello che succede all’interno delle scuole
è ancora lo stesso di quando ero io studente».
Articolo estratto dal sito www.franconembrini.it dove è leggibile l'originale
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