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lasciata all’iniziativa privata e ai comuni.

La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola

è indipendente dal controllo dello Stato”

Antonio Gramsci, Grido del Popolo, 1918

martedì 21 novembre 2017

In TV torna lo "Zecchino D'Oro" mentre DiPiuTv ritrova Popoff

Nei giorni scorsi il settimanale DIPIUTV  ha pubblicato una lunga intervista a Valter Brugiolo, conosciuto ai più come Popoff. 

Per chi conosce la nostra scuola, sa bene che "Popoff" è da sempre il presidente della nostra cooperativa sociale. 

Con piacere pubblichiamo qui l'intervista per chi non avesse potuto leggerla.


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Popoff , il piccolo cosacco ora ha cinquantasei anni e dirige una scuola

Intervista di Gianni Ruggi

Per i sessanta anni dello Zecchino d'Oro, no, non poteva mancare il mio Popoff. Mi hanno anche invitato a cantarlo. Certo, non ho più il caschetto biondo e il costume da piccolo cosacco della steppa non lo indosso più da tempo... ho cinquantasei anni suonati, moglie e quattro figli, ma l'emozione di cantare: "Nella steppa sconfinata a 40 sotto zero se ne infischiano del gelo i cosacchi dello zar..." non me la toglie nessuno».

Chi parla è Valter Brugiolo, uno dei protagonisti più famosi e mai dimenticati dello Zecchino d'Oro. Aveva solo sei anni quando, nel 1967, conquistò lo Zecchino d'Oro e l'Italia intera cantando le imprese del cosacco cicciottello che rimaneva in coda ai compagni diretti al fiume Don. "Ma Popoff sbuffa, sbuffa e dopo un po' gli si affonda lo stivale nella neve e resta lì…” cantava tutto imbronciato e con le braccia conserte, diventando l'idolo di una generazione cresciuta con la TV dei ragazzi. Bambini che riuscivano a sognare anche in bianco e nero, grazie al Mago Zurlì e al caschetto del grintoso Popoff. E così per tutti Valter Brugiolo divenne semplicemente "Popoff'.

Siamo alla vigilia della nuova edizione dello Zecchino d 'Oro, condotta da Francesca Fialdini, e in onda dall'Antoniano di Bologna con quattro puntate pomeridiane su Raiuno a partire da sabato 18 novembre, e una serata speciale 1'8 dicembre con Carlo Conti per festeggiare i sessanta anni della manifestazione, e noi abbiamo rintracciato quel piccolo cosacco, ormai uomo, per farci raccontare come è andata la sua vita dopo quel trionfo epocale.

“Be', sì, fu incredibile. Addirittura per i giornalisti di allora il mio paese era diventato San Venanzio di Popoff», ci rivela Valter, che oggi fa il dirigente scolastico proprio a San Venanzio di Galliera, in provincia di Bologna. «E pensare che arrivai lì per caso. Fu un'amica di mia madre, che mi aveva sentito cantare come chierichetto, a insistere per vedermi sul palco dell'Antoniano. Ma nessuno nella nostra famiglia di mugnai avrebbe mai immaginato che sarei diventato famoso. Mia madre era quasi spaventata, perché mi volevano ovunque. Iniziai ad andare in giro a fare serate, portandomi la base musicale su un disco in vinile. Arrivavo vestito da cosacco e cantavo una sola canzone: Popoff; ma bastava per entusiasmare tutti. Risultavo simpatico, dicevano che avevo la faccia del monello, paffutella e fotogenica».

Valter era talmente fotogenico che la sua carriera, dopo Lo Zecchino d'Oro, continuò in TV grazie a Carosello.

«Ero una sorta di "bambino prodigio". Pensa che mi fecero fare anche la pubblicità dei formaggini Milkana Oro. E poi arrivarono tantissime offerte dal cinema. Mia madre era restia: per lei dovevo solo andare a scuola. Per questo quando, nel 1968, partecipai a “Zum Zum  - la canzone che mi passa per la testa”, un musicarello con Little Tony diretto da Bruno e Sergio Corbucci, i miei genitori nel contratto ottennero che durante le riprese fossi seguito da una maestra privata. Quello stesso anno, di musicarelli ne vennero altri: “Lisa dagli occhi blu” e “Il suo nome è Donna Rosa” con Albano e Romina Power, e poi Pippo Baudo, Nino Taranto... Be', sì, di gente ne ho conosciuta».

«Lo dice quasi con un filo di rimpianto», gli faccio notare.

«No, non è rimpianto, ma ho magnifici ricordi: mi divertivo tantissimo a girare per i set di Cinecittà. Per me, bambino, era come avere un enorme parco giochi a disposizione. Ma il piccolo cosacco, per conquistare il suo posto nel mondo, doveva studiare. Quella vita, malgrado guadagnassi tanto da consentire ai miei genitori di ristrutturare la nostra casa, era comunque poco adatta al mio futuro. Così, a dieci anni, tornai alla normalità di un bambino di provincia, tutto casa e scuola. La gente per strada continuava a riconoscermi come "Popoff', ma io, anche se ero rimasto in contatto con il Coro dell'Antoniano, avevo altri obiettivi rispetto a cantare o a fare spettacolo».

«Che obiettivi aveva?».

«Be', innanzitutto dare una mano ai miei. Sa, il mulino di famiglia non era un'impresa facile da mandare avanti. Le braccia non sono mai abbastanza... Così, appena ho potuto, ho iniziato a dividere il mio tempo tra lo studio e i sacchi di grano e farina da caricare e scaricare. E lo studio non era facile, insomma erano anni caldi quelli. Erano gli anni della contestazione studentesca, delle Brigate Rosse, gli anni di piombo. E io studiavo a Bologna: era facile perdersi. Ma per mia fortuna c'era l'Antoniano »

«Scusi, in che senso "c'era l'Antoniano"?» chiedo.

«Sì, era un po' il mio rifugio. Vede, per me padre Berardo Rossi, uno dei fondatori del coro, era diventato più di un amico: una figura di riferimento, il mio padre spirituale. E il suo insegnamento mi è sempre servito nella vita. Devo anche a lui se alla fine mi sono laureato in Economia e commercio e poi ho iniziato a lavorare per una cooperativa edilizia. Devo a lui e a Mariele Ventre, la storica direttrice del coro, se il piccolo cosacco è cresciuto nel rispetto dei valori cattolici, a iniziare da quello della famiglia».

«Valter, parliamo allora della sua bella famiglia...», dico.

«Ho conosciuto mia moglie Alessandra nel 1980, ci siamo sposati nel 1988, ma il Signore purtroppo non ci ha dato figli, anche se entrambi sognavamo una famiglia numerosa. Così, anche per dare concretezza alla nostra esperienza di fede, volevamo fare qualcosa per i bambini poco fortunati e abbiamo intrapreso la strada dell'affido e dell'adozione. Oggi abbiamo quattro figli adottivi, ma non ci siamo dati un limite; la nostra è una famiglia aperta, e questo ci riempie la vita. Siamo davvero legati nella buona e nella cattiva sorte. Pensi solo che io vivo grazie a lei».

«In che senso?», chiedo. 

«Nel 2011 ho scoperto di avere la stessa malattia che aveva afflitto mio padre e mio fratello, la policisti renale. In pratica la funzionalità dei due reni si riduce poco a poco finché l'unico rimedio è il trapianto: si può vivere anche con un solo rene, ma sano. Mia moglie, in un estremo gesto d'amore, ha voluto donarmi un suo rene. Può capire ora quanto il nostro amore sia cementato. E a tenerlo unito ogni giorno ci pensa anche il lavoro insieme...».
 «Perché, che cosa fate?»

«Gestiamo una scuola intitolata a Mariele Ventre. È una scuola elementare privata, che abbiamo fondato con altre due coppie di genitori, proprio durante il periodo buio legato al trapianto. Nella nostra scuola, definita "scuola parentale" e prevista dalla legge, i genitori si prendono la responsabilità dell'istruzione dei propri figli in prima persona, scegliendo strutture e docenti che privilegino l'aspetto educativo nel pieno rispetto dei valori cattolici. Da noi, per esempio, c'è la maestra unica. Seguiamo il programma ministeriale ma alla fine di ogni anno i nostri bambini fanno un esame alla scuola pubblica per andare avanti. Ora abbiamo ottantacinque bambini che seguono le nostre lezioni». 

«E i suoi alunni sanno chi era Popoff?», chiedo. 

«Certo, non poteva mancare un'aula dedicata al piccolo cosacco e a ricreazione ci sono le canzoni dello Zecchino d'Oro. La mia canzone è la più gettonata: in fondo il piccolo Popoff, mentre gli altri cedevano sfiniti, alla fine ce l'ha fatta: "Ma Popoff così tondo che farà? Rotolando nella neve fino al fiume arriverà"».

E queste strofe, mai dimenticate, le canterà in TV per i sessant’anni dello Zecchino d'Oro.



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