Nei giorni scorsi il settimanale DIPIUTV ha pubblicato una lunga intervista a Valter Brugiolo, conosciuto ai più come Popoff.
Per chi conosce la nostra scuola, sa bene che "Popoff" è da sempre il presidente della nostra cooperativa sociale.
Con piacere pubblichiamo qui l'intervista per chi non avesse potuto leggerla.
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Popoff , il piccolo cosacco ora ha cinquantasei anni e dirige una scuola
Intervista di Gianni Ruggi
Per i sessanta anni dello Zecchino d'Oro, no, non
poteva mancare il mio Popoff. Mi hanno anche invitato a cantarlo. Certo, non ho
più il caschetto biondo e il costume da piccolo cosacco della steppa non lo
indosso più da tempo... ho cinquantasei anni suonati, moglie e quattro figli,
ma l'emozione di cantare: "Nella steppa sconfinata a 40 sotto zero se ne
infischiano del gelo i cosacchi dello zar..." non me la toglie nessuno».
Chi parla è Valter Brugiolo, uno dei protagonisti
più famosi e mai dimenticati dello Zecchino d'Oro. Aveva solo sei anni quando,
nel 1967, conquistò lo Zecchino d'Oro e l'Italia intera cantando le imprese del
cosacco cicciottello che rimaneva in coda ai compagni diretti al fiume Don.
"Ma Popoff sbuffa, sbuffa e dopo un po' gli si affonda lo stivale nella
neve e resta lì…” cantava tutto imbronciato e con le braccia conserte,
diventando l'idolo di una generazione cresciuta con la TV dei ragazzi. Bambini
che riuscivano a sognare anche in bianco e nero, grazie al Mago Zurlì e al
caschetto del grintoso Popoff. E così per tutti Valter Brugiolo divenne
semplicemente "Popoff'.
Siamo alla vigilia della nuova edizione dello
Zecchino d 'Oro, condotta da Francesca Fialdini, e in onda dall'Antoniano di
Bologna con quattro puntate pomeridiane su Raiuno a partire da sabato 18
novembre, e una serata speciale 1'8 dicembre con Carlo Conti per festeggiare i
sessanta anni della manifestazione, e noi abbiamo rintracciato quel piccolo
cosacco, ormai uomo, per farci raccontare come è andata la sua vita dopo quel trionfo
epocale.
“Be', sì, fu incredibile. Addirittura per i
giornalisti di allora il mio paese era diventato San Venanzio di Popoff», ci
rivela Valter, che oggi fa il dirigente scolastico proprio a San Venanzio di
Galliera, in provincia di Bologna. «E pensare che arrivai lì per caso. Fu
un'amica di mia madre, che mi aveva sentito cantare come chierichetto, a
insistere per vedermi sul palco dell'Antoniano. Ma nessuno nella nostra
famiglia di mugnai avrebbe mai immaginato che sarei diventato famoso. Mia madre
era quasi spaventata, perché mi volevano ovunque. Iniziai ad andare in giro a
fare serate, portandomi la base musicale su un disco in vinile. Arrivavo
vestito da cosacco e cantavo una sola canzone: Popoff; ma bastava per entusiasmare
tutti. Risultavo simpatico, dicevano che avevo la faccia del monello,
paffutella e fotogenica».
Valter era talmente fotogenico che la sua carriera, dopo
Lo Zecchino d'Oro, continuò in TV grazie a Carosello.
«Ero una sorta di "bambino prodigio". Pensa
che mi fecero fare anche la pubblicità dei formaggini Milkana Oro. E poi
arrivarono tantissime offerte dal cinema. Mia madre era restia: per lei dovevo
solo andare a scuola. Per questo quando, nel 1968, partecipai a “Zum Zum - la canzone che mi passa per la testa”, un
musicarello con Little Tony diretto da Bruno e Sergio Corbucci, i miei genitori
nel contratto ottennero che durante le riprese fossi seguito da una maestra
privata. Quello stesso anno, di musicarelli ne vennero altri: “Lisa dagli occhi
blu” e “Il suo nome è Donna Rosa” con Albano e Romina Power, e poi Pippo Baudo,
Nino Taranto... Be', sì, di gente ne ho conosciuta».
«Lo dice quasi con un filo di rimpianto», gli faccio
notare.
«No, non è rimpianto, ma ho magnifici ricordi: mi
divertivo tantissimo a girare per i set di Cinecittà. Per me, bambino, era come
avere un enorme parco giochi a disposizione. Ma il piccolo cosacco, per
conquistare il suo posto nel mondo, doveva studiare. Quella vita, malgrado
guadagnassi tanto da consentire ai miei genitori di ristrutturare la nostra
casa, era comunque poco adatta al mio futuro. Così, a dieci anni, tornai alla
normalità di un bambino di provincia, tutto casa e scuola. La gente per strada
continuava a riconoscermi come "Popoff', ma io, anche se ero rimasto in
contatto con il Coro dell'Antoniano, avevo altri obiettivi rispetto a cantare o
a fare spettacolo».
«Che obiettivi aveva?».
«Be', innanzitutto dare una mano ai miei. Sa, il
mulino di famiglia non era un'impresa facile da mandare avanti. Le braccia non
sono mai abbastanza... Così, appena ho potuto, ho iniziato a dividere il mio
tempo tra lo studio e i sacchi di grano e farina da caricare e scaricare. E lo
studio non era facile, insomma erano anni caldi quelli. Erano gli anni della
contestazione studentesca, delle Brigate Rosse, gli anni di piombo. E io
studiavo a Bologna: era facile perdersi. Ma per mia fortuna c'era l'Antoniano »
«Scusi, in che senso "c'era l'Antoniano"?»
chiedo.
«Sì, era un po' il mio rifugio. Vede, per me padre
Berardo Rossi, uno dei fondatori del coro, era diventato più di un amico: una
figura di riferimento, il mio padre spirituale. E il suo insegnamento mi è
sempre servito nella vita. Devo anche a lui se alla fine mi sono laureato in
Economia e commercio e poi ho iniziato a lavorare per una cooperativa edilizia.
Devo a lui e a Mariele Ventre, la storica direttrice del coro, se il piccolo
cosacco è cresciuto nel rispetto dei valori cattolici, a iniziare da quello
della famiglia».
«Valter, parliamo allora della sua bella famiglia...»,
dico.
«Ho conosciuto mia moglie Alessandra nel 1980, ci
siamo sposati nel 1988, ma il Signore purtroppo non ci ha dato figli, anche se
entrambi sognavamo una famiglia numerosa. Così, anche per dare concretezza alla
nostra esperienza di fede, volevamo fare qualcosa per i bambini poco fortunati
e abbiamo intrapreso la
strada dell'affido e dell'adozione. Oggi abbiamo quattro figli adottivi, ma non
ci siamo dati un limite; la nostra è una famiglia aperta, e questo ci riempie
la vita. Siamo davvero legati nella buona e nella cattiva sorte. Pensi solo che
io vivo grazie a lei».
«In che senso?», chiedo.
«Nel 2011 ho scoperto di avere la
stessa malattia che aveva afflitto mio padre e mio fratello, la policisti renale. In pratica la
funzionalità dei due reni si riduce poco a poco finché l'unico rimedio è il
trapianto: si può vivere anche con un solo rene, ma sano. Mia moglie, in un
estremo gesto d'amore, ha voluto donarmi un suo rene. Può capire ora quanto il nostro amore sia cementato. E a tenerlo
unito ogni giorno ci pensa anche il lavoro
insieme...».
«Gestiamo una scuola intitolata a
Mariele Ventre. È una scuola elementare
privata, che abbiamo fondato con altre due coppie di genitori, proprio durante
il periodo buio legato al trapianto. Nella nostra scuola, definita "scuola parentale" e prevista
dalla legge, i genitori si prendono la responsabilità dell'istruzione dei propri figli in prima
persona, scegliendo strutture e docenti che privilegino l'aspetto educativo nel
pieno rispetto dei valori cattolici. Da noi, per esempio, c'è la maestra unica. Seguiamo il programma
ministeriale ma alla fine di ogni anno i nostri bambini fanno un esame alla
scuola pubblica per andare avanti. Ora abbiamo ottantacinque bambini che
seguono le nostre lezioni».
«E i suoi alunni sanno chi era Popoff?», chiedo.
«Certo, non poteva mancare
un'aula dedicata al piccolo cosacco e a ricreazione ci sono le canzoni dello Zecchino d'Oro. La mia
canzone è la più gettonata: in fondo il piccolo Popoff, mentre gli altri cedevano sfiniti, alla
fine ce l'ha fatta: "Ma Popoff così tondo che farà? Rotolando nella neve fino al fiume arriverà"».
E queste strofe, mai
dimenticate, le canterà in TV per i sessant’anni dello Zecchino d'Oro.
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