(......) la motivazione è la leva sulla quale insistere per ottenere un risultato nel campo dell’educazione. Chi ha responsabilità educative adopererà la motivazione su se stesso in quanto spinto dal bisogno di educare ma soprattutto l’userà sul beneficiario dell’educazione all’interno di un progetto finalizzato al suo inserimento sociale ed alla conoscenza.
Per chi educa essere motivato è vitale: rappresenta il punto di partenza da cui agire per generare un circolo virtuoso che influisca sulle motivazioni del figlio. E’ da supporre che per un genitore sia naturale essere mosso da questa forza. A ben guardare, però, anche per un padre od una madre la spinta può essere incostante a causa di fattori che cercherò brevemente di riassumere di seguito.
Per chi educa essere motivato è vitale: rappresenta il punto di partenza da cui agire per generare un circolo virtuoso che influisca sulle motivazioni del figlio. E’ da supporre che per un genitore sia naturale essere mosso da questa forza. A ben guardare, però, anche per un padre od una madre la spinta può essere incostante a causa di fattori che cercherò brevemente di riassumere di seguito.
ANSIA: Può essere considerato il primo dei fattori ostacolanti. L’insicurezza, fonte dell’ansia, dovrebbe essere distinta dal dubbio. La prima genera, infatti, paralisi nel perfezionamento di un’azione (nei casi estremi), si manifesta contemporaneamente all’azione stessa ed interferisce negativamente, comportando, eventualmente, una distorsione nella percezione dei risultati.
Il “dubbio”, se non patologico, può invece intervenire in modo positivo poiché sorge DOPO valutazione delle conseguenze di un’azione ed è motivo di revisione delle azioni successive e di correzione di eventuali errori precedenti.
In definitiva mentre un ”insicuro” non inizia o non progredisce, un “dubbioso” modifica e migliora.
Il genitore ansioso è pervaso, in genere, da una sgradevole sensazione di inadeguatezza. L’effetto limitante sui rinforzi positivi è dovuto alla sua scarsa obiettività nella valutazione dei risultati ottenuti nel percorso. Si genera un circolo vizioso nel quale la motivazione viene soffocata dalla paura di commettere errori. In queste condizioni possono verificarsi tre evenienze:
1) la motivazione rimane ma l’azione è scoordinata ed incostante nel tempo. Il soggetto è quindi poco gratificato dal compito che si è assunto, interpretandolo come infruttuoso, pesante. Il rischio è dato da un cedimento che può evolvere verso una “paralisi educativa”, nella quale la tentazione più forte è quella di iperproteggere il figlio nel timore che ogni sua nuova esperienza costringa il genitore ad un adeguamento.
2) La motivazione rimane forte ma il senso di inadeguatezza costringe l’educatore a scaricare su altri la responsabilità dell’educazione (scuola, amici, nonni, ecc.) . In questo caso, venendo meno l’ansia (poiché non c’è azione diretta) il soggetto può divenire ipercritico rispetto ai risultati ottenuti dal figlio e nei confronti di chi è stato caricato della responsabilità. In tale situazione sarà la motivazione di chi impara ad essere minata alla base da critiche dei metodi e dei risultati.
3) La motivazione ad educare si spegne, soffocata da una percezione gravemente distorta dei risultati che, per retroazione, genera nel soggetto una sensazione di inutilità degli sforzi. In questo caso il figlio non fruirà dei rinforzi che l’educatore ha il compito di somministrare: in pratica dovrà ricercare, con intuibili difficoltà, gratificazioni e correzioni al di fuori dell’ambito familiare, rivolgendosi dove è più semplice ottenere conferme (ad esempio facendo capo a compagni di età maggiore, con immaginabili conseguenze).
INTERFERENZE AMBIENTALI SVALUTATIVE: insorgono quando, nell’applicazione pratica di una strategia educativa, si riscontrano, da parte dell’ambiente e della società, critiche sul metodo e svalutazioni dei risultati. La motivazione del genitore può subire contraccolpi tanto più forti quanto più la recettività alle opinioni altrui è sviluppata. Il terreno più fertile è rappresentato dal genitore ansioso (vedi prec.). Senza considerare le buone intenzioni di chi si erge a giudice, l’educatore, per non esserne influenzato negativamente, dovrebbe usare le critiche come strumento a suo vantaggio. Se il progetto educativo che persegue è ben strutturato nei suoi fondamenti, tutto ciò che interviene dall’esterno a turbare gli equilibri ha la funzione di termine di paragone, sul quale rafforzare le proprie convinzioni o, se del caso, rivederle (vedi differenza tra insicurezza e dubbio). Risulta di facile comprensione che, nel caso di un progetto educativo confuso, le interferenze possano modificare o minare non i particolari ed i collaterali del metodo, ma il metodo stesso, rallentando o bloccando il progresso dell’azione.
L'articolo completo è sul blog del Dott. Stefano Tasca : QUI
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