Articolo pubblicato su Avvenire domenica 8 marzo 2020 a firma Enrico Lenzi (qui originale)
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Una «legge
di rilievo
costituzionale» e «per certi aspetti rivoluzionaria». Venti anni dopo Luigi
Berlinguer, ministro della Pubblica Istruzione all’epoca del varo, è fermamente
convinto di quel passo che ha cambiato il volto del sistema scolastico
italiano. «La legge 62/2000 viene definita legge sulla parità scolastica –
sottolinea l’ex ministro – , ma è stata qualcosa di più, di molto di più».
In che
modo? Basta
leggerne il titolo che volli darle: 'Norme per la parità scolastica e
disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione'. Dunque non solo parità
scolastica, ma anche diritto allo studio e, cosa inedita, all’istruzione'.
Perché
definisce inedito parlare di diritto all’istruzione? Perché nella nostra
Costituzione sono sanciti esplicitamente diversi 'diritti', non quello
all’istruzione che compare più indirettamente. Ebbene con la 62/2000 per la
prima volta una legge parla esplicitamente di questo diritto. Ecco perché
definisco questa una legge di rilievo costituzionale.
Ma questo
passaggio era chiaro a tutti sin dall’inizio? Non si direbbe viste le
resistenze e le polemiche che accolsero la legge. Come visse quei giorni? Venni sollecitato dalle forze
cattoliche a porre mano alla questione della parità scolastica, contro la quale
si schierarono esponenti della sinistra estrema. Ed io volli però dare vita a
una legge che non solo creasse un sistema paritario, ma riconoscesse anche che
proprio quel diritto all’istruzione, di cui ritengo depositario qualunque
bambino nato in questo Paese. Ecco perché non mi piace quando si parla di
'scuola che deve essere inclusiva', come se gli studenti fossero degli ospiti
('inclusi') e non, come invece sono, cittadini del mondo della scuola.
Insomma
una conseguenza di quel diritto all’istruzione della seconda parte del titolo
della legge 62/2000? Certamente,
anche se a tutti non fu chiara subito la portata di questa legge. Da una parte
essa dava risposta a quel dettato costituzionale che, all’articolo 33 prevede
che 'Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione',
fino a quel punto inevasa. E non mancavano voci di chi sosteneva che lo Stato
non era obbligato a dare una risposta in tal senso. Dall’altro lato sentivo il
bisogno di dire in modo chiaro ed esplicito l’esistenza di un vero e pro- prio
diritto all'istruzione.
A distanza
di 20 anni ritiene che siano stati raggiunti gli obiettivi che si proponeva? Dico che questa legge non è stata approvata
invano. Lo dico guardando agli aspetti positivi sul fronte della qualità
dell’offerta formativa che il sistema scolastico offre. La stessa scuola
paritaria ne ha tratto giovamento sul fronte della qualità dell’offerta, grazie
anche al dover rispettare parametri chiari: ad esempio, l’obbligo di avere
docenti abilitati come nelle statali. Sono poi le stesse famiglie a dimostrare
di apprezzare questo miglioramento scegliendo le scuole paritarie che riescono
a dare risposte alle loro esigenze con meno vincoli rispetto alla statali.
Un elogio
inaspettato. La 62
ha impresso un cambiamento, uno stimolo ai gestori delle scuole paritarie
proprio per promuovere la qualità del-l’offerta formativa. E questo risultato
lo attribuisco alle norme che abbiamo varato allora.
Ma sembra
dura a morire l’idea che a fornire un servizio pubblico sia solo la scuola
statale. Lo
ribadisco con chiarezza e forza: chiunque svolga una funzione di insegnamento
svolge un servizio pubblico. Chiunque, ripeto. Che sia lo Stato, un Ente locale
o un privato. Il servizio educativo è sempre pubblico, nel rispetto delle norme
stabilite.
Certo
resta il problema di garantire questa parità anche sotto l’aspetto economico.
Che ne pensa? Ammetto
che nel 2000 cercai di mettere in secondo piano l’aspetto economico, anche se
presente nella legge, per evitare che venisse bloccata. Dovevamo dare risposte
di valore costituzionale. Non potevamo rischiare. Certo a 20 anni di distanza
molte cose sono cambiate e credo che lo Stato possa con tranquillità
riconoscere fondi alla scuola paritaria come già fa.
Venti anni
dopo quali passi pensa si debbano ancora compiere? La società italiana deve
comprendere che ha bisogno della scuola, di tutta la scuola. Non può immaginare
di avere una scuola abbandonata a se stessa e su cui non si investe. Sarebbe
ridursi alla barbarie. Ecco perché tutti dovremmo sentire come un dovere civico
investire sul nostro sistema scolastico partendo da quella del nostro
quartiere. È difendere il patrimonio di una società evoluta. È questa la
battaglia che sto conducendo in questi anni. Dobbiamo conquistare gli italiani
a questo tema. Avere a cuore la scuola, capire l’importanza.
Eppure di scuola si parla spesso sui giornali. È diventata anche terreno di scontro politico. Si pensa addirittura ad aumentarne l’obbligo. Non basta? Voglio essere chiaro: la scuola non è solo il luogo dove si impara a leggere, scrivere e far di conto. Deve diventare anche il luogo dove i futuri cittadini imparino a pensare con la propria testa. A diventare cittadini consapevoli. A saper vivere la democrazia guardando ai problemi e valutando le soluzioni. Abbiamo vinto la sfida dell’analfabetismo di base. Sconfiggiamo ora l’analfabestimo sulla democrazia. È il cammino che la 62 ha tracciato venti anni fa. non si parli più di 'obbligo': ora il vero obiettivo che a scuola, fino alle superiori, vadano tutti. Tutti. Effettivamente. È un obiettivo 'sociale' rivoluzionario. È un’altra società.L’ex ministro Berlinguer: è stata una rivoluzione che ha fatto bene a statali e paritarie «Diede attuazione all’articolo 33 in cui si parla del diritto di Enti e privati di istituire scuole»
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