Iniziamo con oggi la trattazione di un argomento che consideriamo molto importante: l'educazione emotiva. Oggi ne parliamo prendendo come riferimento alcune figure molto importanti nell'ambito educativo, insieme ad un progetto di formazione originale sperimentato in alcune scuole italiane.
Da un articolo di aleteia.org (qui leggi articolo in versione originale)
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«L’educazione emotiva non l’hanno “inventata” negli Usa, ma
un secolo fa Maria Montessori e poi, a seguire tutti i grandi pedagogisti
italiani fino a Franco Lorenzoni (…)», così esordisce Paolo Crepet in un post
su facebook dal sapore polemico.
Al centro della riflessione dello psichiatra
il progetto sull’educazione emozionale portato avanti in alcune scuole di
Firenze e Verona attraverso il metodo Ruler e realizzato da Per Lab, spin-off
dell’Università degli Studi di Firenze diretta da Laura Artusio, in partnership
con lo Yale Center for Emotional Intelligence.
«Purtroppo i giornali, anche
quelli più blasonati – continua nel suo post Crepet – pensano che la notizia
sia più succulenta se ha attraversato l’Atlantico… ». L’articolo al quale fa
riferimento è del Corriere della Sera online che riporta l’esperienza e i
successi raggiunti in una scuola fiorentina, attraverso il metodo di educazione
emozionale Ruler e in particolare con uno degli strumenti di cui si avvale: il
Mood Meter, il diagramma delle emozioni.
Il metodo Ruler, acronimo di Recognizing, Understanding,
Labeling, Expressing and Regulating emotion è un programma sull’intelligenza
emotiva sviluppato dall’Health, Emotion and Behavior Laboratory (HEB) della
Yale University.
La riflessione svolta da Paolo Crepet sul valore di eminenti
studiosi italiani nella realizzazione di innovativi sviluppi in ambito
pedagogico, non esaurisce l’importanza di riflettere sull’originalità dell’intuizione
che sta alla base del metodo Ruler. Abbiamo pertanto raggiunto al telefono
Laura Artusio, psicologa e direttrice di Per Lab che ci ha illustrato questo
approccio educativo.
«Di educazione emozionale ne parlavano già i filosofi di
epoca greco-romana. I nostri partner americani di Yale, più che inventarla,
hanno messo a punto una cornice teorica ed una metodologia efficace per
sviluppare le abilità dell’intelligenza emotiva. Il modello nasce nei primi
anni del 1990 ad opera di Peter Salovey e John D. Mayer. Dal loro modello, che
definì le abilità dell’intelligenza emotiva, è stato sviluppato negli ultimi
vent’anni un metodo per tradurre tutto ciò in educazione emozionale. Marc
Brackett, che oggi dirige lo Yale Center for Emozional Intelligence, è il
principale autore del metodo Ruler. Negli Stati Uniti quest’anno le scuole che
lo applicheranno sono più di 5000, noi in Italia formiamo gli insegnanti in
modo tale che la scuola sia autonoma e lavoriamo con tutta la comunità
scolastica (dirigente, docenti e anche con le famiglie) per fornire i giusti
strumenti ed avere un linguaggio comune sulle emozioni. Non ci sostituiamo ai
genitori, ma come avvenne nello sviluppo del linguaggio musicale, li dotiamo di
un “pentagramma” per acquisire una maggiore comprensione delle emozioni».
A
proposito della critica mossa da Crepet, la dottoressa Artusio ha sottolineato
come, in generale, solo dal confronto e dal dibattito fra diversi approcci
presenti in ambito internazionale si possa giungere ai migliori risultati in
ogni campo scientifico, compreso quello psicopedagogico, senza per questo
accampare diritti di primogenitura da parte di nessuno.
In merito all’argomento abbiamo ascoltato anche Furio Pesci,
professore associato di Storia della Pedagogia presso la Facoltà di Medicina e
Psicologia dell’Università di Roma “La Sapienza” e presidente del Comitato
Scientifico della Fondazione Montessori Italia.
Esistono punti di contatto tra il metodo Ruler e la
pedagogia montessoriana?
Maria Montessori già un secolo fa parlava di una sorta di
intelligenza emotiva. L’ha descritta nelle sue opere raccontando dei primi
bambini che usavano il suo metodo mettendone in evidenza la miglior capacità di
autocontrollo e socializzazione sviluppata, rispetto ai compagni di pari età
nelle scuole tradizionali. Tutto questo è presente, già un secolo fa, non
soltanto negli studi montessoriani ma in tanti pedagogisti e educatori italiani
e stranieri. L’importanza nella scuola dello sviluppo emotivo e
dell’affettività, per cui l’ambiente scolastico non deve essere solo un luogo
di trasmissione di conoscenze ma anche un luogo di benessere e di armonia in
cui il bambino dovrebbe riuscire a crescere anche sul piano affettivo, non è
una cosa inventata adesso.
Cosa pensa del metodo Ruler e del diagramma delle emozioni?
Penso, per quello che ho potuto conoscere, che sia
interessante ed utile per i bambini che oggi condividono con gli adolescenti un
grave problema: un lessico molto inadeguato per parlare dei propri vissuti. Se
stanno male si esprimono per lo più con delle parolacce, e se stanno bene usano
tre o quattro espressioni del tutto vaghe. Non hanno letteralmente parole, non
conoscono vocaboli per esprimere le sfumature delle loro emozioni e questo crea
in loro problemi anche nel modo di vivere ciò che provano, perché, se non hai
le parole per comunicare le emozioni, in un certo senso non sai neppure
distinguerle. Un’altra difficoltà presente attualmente nelle famiglie è che
nessuna delle de figure adulte è stabilmente presente in casa, e i mezzi di
comunicazione, gli strumenti digitali e i telefonini hanno ormai invaso la vita
quotidiana imponendo nuovi linguaggi e creando una realtà alternativa e virtuale.
Tutto ciò allontana le persone le une dalle altre. Per esempio in molte
famiglie si pranza e si cena con il cellulare sul tavolo, e questo incide e
secondo me influenza negativamente la consapevolezza di sé del giovane,
impoverendo la capacità dell’individuo di esprimere se stesso.
Anche la professoressa Clara Tornar, direttrice del master
in Pedagogia e Metodologia montessoriana all’Università Roma Tre, ci ha
spiegato i punti in comune tra il metodo Ruler e il metodo Montessori:
«Vi sono molti aspetti nella pedagogia montessoriana che
richiamano l’educazione emotiva. Da quello che ho potuto vedere del lavoro
portato avanti dal laboratorio Per Lab di Firenze, si tratta di un metodo di
sensibilizzazione alla percezione della diversità delle emozioni e quindi
insegna ai bambini, e li fa esercitare, a differenziare le proprie e altrui
emozioni. Ben vengano queste attenzioni e questi metodi, sono attività sempre
utili. La pedagogia di Maria Montessori individua l’educazione emozionale in un
contesto più ampio di apprendimento nel quale lo sviluppo di competenze di tipo
cognitivo, attraverso le attività che si fanno per accrescere le potenzialità
intellettive della mente, è sempre connesso ad un lavoro di tipo emozionale.
Tutte le attività si esplicano in un ambiente che favorisce il miglioramento
della socializzazione oltre che della consapevolezza di sé attraverso la
conoscenza dei proprio punti di forza e di debolezza. Il linguaggio
montessoriano si colloca su un registro diverso, ma l’educazione emotiva è un
obiettivo implicito in tutte le attività di apprendimento che si compiono.
Nella scuola italiana difficilmente si pensa in modo sistematico a raggiungere
finalità che sviluppino competenze di tipo emotivo, le quali poi sono conquiste
fondamentali strettamente connesse a quelle di tipo cognitivo: è bene quindi
che su questo argomento ci si rifletta attentamente».
Alla luce delle considerazioni svolte dagli studiosi
intervistati, viene da riflettere che spesso la modernità riscopre intuizioni
ben presenti nella saggezza popolare e nella grande tradizione filosofica
antica. Eraclito infatti affermava: “il carattere dell’uomo (e non solo la sua
intelligenza) è il suo destino” e ancor di più Aristotele sottolineava:
“educare la mente senza educare il cuore significa non educare affatto”.
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