Iniziamo con oggi alcune riflessioni sul tema "affettività e sessualità" che ci accompagneranno, settimanalmente, per tutto questo periodo estivo.
Partiamo con un bell'intervento di Saverio Sgroi, educatore palermitano che si occupa molto di questi temi al punto da aver sviluppato un suo percorso formativo ("una storia unica") che tiene regolarmente nelle scuole
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"Quando incontro i vostri figli
spiego loro la differenza tra emozioni, sentimenti e passioni. Come potranno
infatti gestire la dimensione affettiva se non sanno dare un nome a ciò che
provano o se confondono tra loro queste tre manifestazioni dell’affettività?
Ecco, penso che sia necessario che anche un genitore sappia spiegare ai figli
questa differenza tanto importante”.
Dicevo così, tempo fa in una
città del nord Italia, durante un incontro sull’educazione affettiva dei
preadolescenti, rivolgendomi ai loro genitori. Avevo appena terminato di
pronunciare queste parole e stavo per cambiare discorso quando, dal fondo della
sala, una mamma ha alzato timidamente la mano e mi ha chiesto, tra le risa
divertite e al contempo interessate di tutti gli altri: “Scusi, potrebbe
spiegare anche a noi che differenza c’è tra emozioni, sentimenti e passioni?”
Effettivamente, in un mondo nel
quale la dimensione affettiva ha spesso un peso sproporzionato rispetto alle
altre, non è strano che ad essere confusi e disorientati siamo anche noi
adulti, che respiriamo lo stesso clima culturale nel quale crescono i nostri
ragazzi. Non si tratta soltanto di conoscere le differenze tra emozioni,
sentimenti e passioni ma soprattutto di essere consapevoli della loro influenza
sulla personalità dei nostri figli, sulla loro crescita equilibrata e la loro
capacità di vivere relazioni serene e positive. Il nostro compito, non
dimentichiamolo, è quello fornire loro un orizzonte di senso all’interno del
quale essi imparino a dare un nome a ciò che provano e soprattutto ad entrare
in contatto con il proprio mondo affettivo. Ma come potremo riuscirci se
neanche noi conosciamo bene i modi in cui si esprime la dimensione affettiva di
una persona?
E allora proviamo a fare
chiarezza, cominciando dalle emozioni. I genitori di un figlio adolescente
dovrebbero sapere innanzitutto che il cervello di un ragazzo funziona in
maniera molto diversa da quello degli adulti, perché la parte cognitiva si
sviluppa più tardi rispetto a quella che elabora le emozioni, che in
adolescenza è in piena e caotica attività. Ecco perché adolescente agisce molto
spesso d’impulso senza chiedersi a quali conseguenze porta una determinata
azione. È come se mancasse quel filtro mentale che, nel cervello di un adulto,
permette di riflettere bene prima di agire. Se poi pensiamo che le emozioni
sono brevi, improvvise e intense e che, per queste caratteristiche, riescono
spesso a offuscare e annebbiare la dimensione razionale, ci verrà più facile
comprendere l’enorme influenza che esse hanno sull’agire degli adolescenti e
forse ci aiuterà a non rispondere impulsivamente di fronte ai loro
comportamenti spesso irrazionali. Non succede anche a noi di avere delle difficoltà
quando siamo presi da emozioni come l’ansia, la vergogna, la commozione, la
paura o l’euforia improvvisa? Ecco, pensiamo che negli adolescenti questa
difficoltà è “strutturalmente” maggiore.
Ma l’educazione del cuore non
riguarda solo le emozioni. Accanto ad esse ci sono i sentimenti, che a
differenza delle prime, si possono educare più facilmente. I sentimenti sono
meno intensi e più duraturi delle emozioni. Essi si sviluppano nel tempo, sono
più facili da gestire e possono essere coltivati e sviluppati se sono positivi
(come la gioia, l’affetto, la simpatia, la stima) , oppure contrastati se si
tratta di sentimenti negativi (come la malinconia, la tristezza, la gelosia,
l’invidia). I sentimenti hanno il potere di condizionare il nostro modo di vedere
la realtà, in positivo o in negativo. Ma soprattutto, proprio perché possono
essere condivisi più facilmente delle emozioni, ci permettono di entrare in
relazione con gli altri.
Poi ci sono le passioni, tanto
importanti quanto faticose e difficili da coltivare. Quando chiedo ai ragazzi
se oggi sia più facile vivere di emozioni, sentimenti o passioni, la risposta è
sempre la stessa: è molto più facile vivere di emozioni, non devi far nulla,
esse ti arrivano addosso e se sono piacevoli ne devi solo approfittare e
goderne. Ma – continuo a chiedere loro – qual è il prezzo da pagare se si vive
soltanto di emozioni? Perché la nostra epoca è molto emotiva e poco passionale?
Forse la risposta a questa domanda sta nella radice greca (pathos) della parola
“passione”, che è la stessa di “patire”, un verbo che oggi fa paura a tanti
giovani e adulti, troppo abituati alla vita comoda. Eppure una vita senza
passioni è una vita insipida, senza sapore, apatica. Una vita piatta. Una vita
che, nei casi più estremi, porta a convincersi che non vale la pena di essere
vissuta. Le passioni sono il motore della vita, sono quella forza che, se è
positiva, è capace di smuovere in noi risorse ed energie inimmaginabili. Per
questo è importante che l’educazione del cuore passi necessariamente
dall’aiutare i ragazzi a sviluppare passioni belle: sport, hobby, interessi, ma
anche vivere realtà come l’amore, l’amicizia, la relazione, lo studio, il
lavoro, come delle vere e proprie passioni.
“Credo che tu sia stata la prima
persona a spiegarmi la differenza tra emozioni, sentimenti e passioni e perchè
sono necessarie ma non possono fare a meno della ragione”. Così mi disse
qualche tempo fa una ragazza di un liceo palermitano. Il cuore non può fare a
meno della ragione, anzi, con questa deve imparare a dialogare e trovare il
giusto equilibrio, perché una persona troppo affettiva sarà costantemente in
balia dei propri stati d’animo, mentre una troppo razionale farà fatica ad
entrare in relazione con gli altri.
Favorire il dialogo interiore tra
questa dimensione affettiva e quella cognitiva, fatta di valori, principi
morali, desideri, ideali, è uno dei compiti educativi più importanti per i
genitori. Trascorrere più tempo con i figli, parlare con loro e soprattutto
ascoltarli permetterà di aiutarli a riconoscere e interpretare meglio le
proprie dinamiche affettive e a dare un nome alle emozioni ed ai sentimenti che
provano. Comprendere meglio i cambiamenti dell’adolescenza che riguardano
soprattutto la sfera affettiva, aiuterà i genitori ad avere più pazienza nei
confronti dei continui sbalzi di umore che caratterizzano questo periodo della
vita. Accettare gli errori, le cadute, i fallimenti dei figli in questa età
così difficile li aiuterà a fondare la vita un po’ di più su ciò che rimane – e
l’amore incondizionato dei genitori per loro è una di queste realtà – e un po’
meno su ciò che è mutevole e cangiante, come spesso sono gli affetti e i
sentimenti.
Ma c’è un’ultima, importante,
considerazione da fare: educare il cuore dei nostri figli ha un incredibile
effetto benefico sulla nostra sfera affettiva. “I miei genitori è come se non
avessero mai avuto sedici anni. Non mi capiscono. Sono vecchi”. A volte è
proprio così, siamo vecchi, come mi disse tempo fa una ragazza parlando dei
suoi. Siamo vecchi e non è questione di età anagrafica. Siamo vecchi perché
forse abbiamo perso la giovinezza del cuore.
L’educazione, nella misura in cui
decidiamo di rimetterci in gioco per il bene dei nostri figli, è il migliore
antidoto alla vecchiaia: ci avevate mai pensato?
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