Nel libro "Sono puri i loro sogni" (Einaudi)
Matteo Bussola, scrittore e fumettista, padre di tre figlie, riflette sulla
crescente ingerenza nella vita scolastica da parte dei genitori: professori
bullizzati, alunni difesi a prescindere da mamma e papà, una contrapposizione
scuola famiglia che non fa il bene dei ragazzi e rallenta la crescita della
loro autonomia.
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Tre bambine, una alla materna, una alle elementari e una
alle medie, la giusta preoccupazione per la loro formazione e la loro crescita
e contemporaneamente lo stupore nel dover assistere a una contrapposizione
dai toni aspri tra le famiglie e gli insegnanti, su cui cade un crescente
discredito. vengono messi in discussione, attaccati, derisi, persino bullizzati:
mentre si difendono a spada tratta i figli, si cerca di rimuovere ogni loro
difficoltà, anche sostituendosi a essi. C'è qualcosa di malato in questo
rapporto tra due istituzioni che invece dovrebbero collaborare in nome della
crescita dei ragazzi. E allora Matteo Bussola, un passato da architetto, che da
anni si dedica alla sua passione, disegnare fumetti, ha deciso di scrivere una
lettera aperta ai genitori, un libro dal titolo "Sono puri i loro
sogni" (Einaudi),per invitarli a ristabilire un rapporto con la
scuola improntato al rispetto e alla delega e non alla contrapposizione
con il corpo docente.
Che significa il titolo “Sono puri i loro sogni”?
Il titolo è una citazione di una poesia di Iosif Brodskij,
“Odisseo a Telemaco”. In questa poesia Ulisse, ritornato in patria dopo anni di
lontananza, dice al figlio Telemaco ormai giovanotto: “Senza me dai tormenti di
Edipo tu sei libero, e sono puri i tuoi sogni, Telemaco.”. E’ come se Ulisse,
con queste parole, liberasse il figlio dalla paura del padre-totem. Così
Telemaco sarà libero, libero di essere un uomo di un altro tipo – dunque non un
guerriero come il padre – e di fondare un nuovo mondo, o quantomeno di vivere
la sua vita. La poesia non la conoscevo, mi è stata suggerita da Paolo Repetti
di Enaudi, e mi è sembrata contenere lo stesso auspicio che evoco nel mio
libro: quel “passo indietro” che, come genitori, dovremmo fare per lasciare
i nostri figli liberi di vivere e sbagliare, permettendo loro di confrontarsi
con l’ opportunità di crescita che ogni ostacolo contiene.
Come si è arrivati alla situazione attuale che vedo spesso contrapposti i
genitori agli insegnanti?
E’ stato un processo lento, partito molti anni fa. Il
risultato è che, oggi, siamo passati da un estremo all’ altro. Da un mondo in
cui la scuola era un’ istituzione intoccabile e gli insegnanti avevano ragione
a prescindere, a un mondo in cui noi genitori tentiamo di difendere i nostri
figli da chiunque cerchi di metterli in crisi – compresi gli insegnanti – da
qualunque difficoltà, dimenticando che entrambe sono, invece, strumenti
indispensabili per diventare adulti.
Si arriva anche a forme di vero bullismo nei confronti degli insegnanti?
Purtroppo sì. Sono sempre più frequenti – e documentati –
casi di vere e proprie aggressioni agli insegnanti, anche sul piano fisico,
denunce alla scuola, critiche spietate sulle chat di WhatsApp, querele a
docenti che, ormai, non riescono quasi più a svolgere il loro compito con
serenità ed equilibrio, intimoriti da eserciti di genitori pronti a difendere i
propri figli da qualunque rimprovero. Alla scuola, più che educazione e
istruzione, sembriamo chiedere costanti garanzie di sicurezza: i bambini non
devono sentirsi a disagio, non devono avere problemi con i compagni, non
possono ricevere punizioni nemmeno quando le meritano, non devono essere
bocciati e sui brutti voti, in caso, interverremo noi genitori protestando con
i docenti. Naturalmente, ci sono anche molti genitori rispettosi e assennati,
ma la tendenza che rilevo è in continuo e preoccupante aumento. In
psicologia vengono chiamati “genitori spazzaneve”, ovvero quei padri e quelle
madri che si ostinano a rimuovere dalla strada dei figli qualunque tipo di
ostacolo. E’ forse anche per questo che stiamo crescendo generazioni
di bambini incapaci di gestire qualunque forma di stress.
Perché i genitori ingeriscono così tanto nella vita scolastica dei figli?
Credo sia una cosa che ha a che fare con gli atavici sensi
di colpa che tutti noi genitori ci portiamo dentro, e col desiderio di
protezione e il troppo amore che ci porta a metterci sempre davanti ai nostri
figli, per far loro da scudo. I sensi di colpa derivano dal fatto che abbiamo
sempre meno tempo di stare con i nostri bambini, e questo, quasi per una forma
di compensazione, ci rende guardinghi e ipercritici nei confronti di tutte
quelle figure professionali che con loro, invece, il tempo ce lo passano. E’ come
se volessimo rivendicare, così facendo, la nostra autorità, visto che perdiamo
sempre più autorevolezza. Il fare scudo, invece, deriva dal fatto che i
bambini inascoltati di ieri, quelli che hanno frequentato una scuola in cui era
sempre “colpa loro”, oggi sono diventati adulti e genitori. E non ci stanno
più, adesso possono finalmente farsi sentire, e vivono quasi un processo di
transfert nei confronti dei propri bambini, come se fossero una seconda
opportunità di rivalsa o lo strumento per una specie di inconscia rivincita
sull’ autorità scolastica. Noi siamo stati quelli che, se prendevamo un
brutto voto, una volta tornati a casa ci sentivamo pure il resto. A
nessuno sarebbe mai venuto il dubbio che, magari, potesse essere stato l’
insegnante a spiegare male, la responsabilità era sempre e solo nostra. Per
questo oggi, se a prendere un brutto voto è nostro figlio, ricadiamo nell’
estremo opposto: siamo noi che sempre più spesso andiamo a rimproverare l’
insegnante. E’ il mondo all’ incontrario.
Lei dà molto valore al passato, alla sua infanzia, quando i ragazzi
crescevano più liberi anche di sbagliare e quindi diventavano più autonomi. Ma
quello di idealizzare il passato non è uno sport comune a tutte le epoche?
Non do particolare valore al passato o all’ infanzia, ne do all’ esperienza. Ed
è inevitabile per me fare confronti con quando a scuola ci andavo io, ci
andavamo noi. I nostri genitori e la «vecchia scuola», con i loro metodi a
volte discutibili, ottenevano comunque l’ importante risultato di favorire lo
sviluppo della nostra autonomia. Mentre noi, senza rendercene conto,
stiamo garantendo il contrario: la continua dipendenza dei figli da noi. E
le dipendenze sono sempre un problema.
Qual è la giusta distanza che possono tenere i genitori
nei confronti della scuola?
Non ne esiste una “giusta”, ogni genitore troverà la
propria, l’ importante credo sia ricordare che il nostro compito non è quello
di stare un passo avanti ai figli nel tentativo di proteggerli, ma un passo
indietro per essere pronti a prenderli se cadranno. La vita è loro, e
dobbiamo lasciare che corrano i loro rischi. Questo naturalmente non
significa che non dobbiamo vigilare e partecipare al loro cammino, vuol dire
solo che il limite tra presenza e ingombranza può essere a volte sottile. Noi
non siamo i paladini dei nostri figli, siamo i difensori dei loro interessi, e
trasmettere il rispetto per gli insegnanti – che, non dimentichiamolo, sono le
figure professionali alle quali abbiano delegato la loro educazione – dovrebbe
essere il primo fra questi.
Lei ironizza anche sull’ utilizzo di Whatspp da parte dei gruppi classe dei
genitori…
Diciamo che rido per non piangere. Capiamoci: io non ho
nulla contro WhatsApp e le nuove applicazioni o tecnologie, le uso tutti i
giorni anche per lavoro. Il fatto è che WhatsApp, o lo stesso Facebook, sono
scatole vuote, e funzionano solo con ciò che ci mettiamo dentro noi, per questo
siamo responsabili dei contenuti che produciamo. Possono dunque essere
meravigliose opportunità di confronto e dibattito, oppure “luoghi” in cui
mettiamo in scena il peggio di noi. Nelle chat di classe purtroppo accade anche
questo: oltre all’ indubbia utilità per tenersi in contatto con gli altri
genitori o scambiarsi i compiti, scoppiano spesso interminabili
polemiche sugli insegnanti, con toni anche violenti, critiche rivolte a chi non
è presente, a discapito della serenità della classe e di quella dei nostri
figli. Diciamo che, secondo me, è uno strumento col quale molti di noi
devono ancora prendere bene le misure, sottoscritto compreso.
Qual è il suo rapporto con gli insegnanti delle sue tre
figlie?
Ottimo. Non perché io sia un genitore particolarmente
illuminato o perché le mie figlie siano particolarmente brillanti. Ma
semplicemente perché ciascuno si occupa del suo compito: io faccio il padre, le
mie figlie fanno le studentesse, le maestre insegnano. A ciascuno il suo.
Che appello vuole rivolgere ai genitori?
Non ho appelli da consegnare, nel senso che io sono, proprio
come tutti, semplice portatore della mia esperienza, e mai mi sognerei di farla
diventare un paradigma per tutti i genitori. Posso solo dire che l’ intento di
“Sono puri i loro sogni” non è quello di attribuire le “colpe” di questo
sistema di cose solo a noi genitori, santificando gli insegnanti. Anche
gli insegnanti hanno, indubbiamente, la loro parte di responsabilità. Ma io
penso che noi dobbiamo occuparci della nostra, di parte. Credo che per
disinnescare ogni conflitto sia sempre meglio partire da sé stessi, assumersi
le proprie responsabilità e interrogarsi su quello che noi possiamo fare per
primi. Ogni relazione è composta da due elementi, perciò mutando il
comportamento di uno, anche di poco, tutta la relazione evolve. Il mondo si
cambia in questo modo, agendo su quel che possiamo, per quel che riusciamo.
Solo così potremo smetterla di puntarci il dito a vicenda e cominciare a (ri)creare
una nuova alleanza genitori-insegnanti. Perché abbiamo a cuore lo stesso
interesse, visto che i nostri figli e i loro studenti sono gli stessi bambini.
Non dovremmo scordarlo mai.
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