Articolo originale su:
UPPA (Un Pediatra Per Amico)
Il testo dell’articolo è tratto dal libro di Paolo Sarti,
“Facciamola finita!”, Mandragora, 2011
Bambini viziati e genitori isterici…
Facciamola finita! Lo chiedono con forza e da tempo, senza saperlo,
con la loro irrefrenabile agitazione, i loro incontenibili nervosismi, i
sonni ormai impossibili, le disappetenze ostinate e le isteriche
bulimie. Bambini cresciuti con una rabbia e un’arroganza relazionale
ingiustificate e insostenibili, un’ansia da prestazione esasperata.
Capaci di soccombere per un insuccesso scolastico fino a farci
registrare un inquietante aumento di suicidi adolescenziali.
O,
all’opposto, istericamente aggressivi, con gestualità
minacciose e sfidanti, anche solo per festeggiare un successo sportivo
strappato con ossessiva tenacia, solitamente priva di regole e di
rispetto.
Niente regole, niente limiti e niente imposizioni naturalmente,
secondo i canoni della più libertaria delle pedagogie: tutto concordato,
vagliato e deciso con loro e a loro subordinato.
Tutto finisce così per
delinearsi e strutturarsi a stretta, angusta misura di bambino, lontano da ogni matura organizzazione e da ogni prospettiva adulta. Un mondo bambino viziato,
carico di individualismo e di rumoroso protagonismo esibito. Un mondo
statico, tutto basato sull’oggi, dove all’adulto è concesso solo di fare
da spettatore e, naturalmente, da servitore.
Facciamola finita con questa improbabile e fallimentare pedagogia
delle coccole, giustificativa a oltranza, preservatrice da ogni sforzo,
impegno, lotta o frustrazione. Siamo riusciti a rendere i nostri figli
non solo inabili, ma anche insopportabili e decisamente antipatici.
Ai genitori spetta il compito di dare delle regole
Con i genitori annientati in una pseudo-democraticità decisionale che
vede i bambini costretti a decidere al posto loro, costretti ad
assumersi responsabilità operative che invece sarebbero e dovrebbero
rimanere tutte e solo dell’adulto. Falsamente democratici, scarichiamo
sui bambini l’obbligo che avremmo come adulti di decidere con
appropriatezza e lungimiranza. E lo facciamo non per rispetto del
bambino ma per paura di non saper sostenere la sua reazione se contrariato dalla nostra decisione.
Così finisce che decidono i bambini: solo che loro sanno farlo solo
con opportunismo e nel presente (perché è così che, per natura, si muove
il pensiero infantile); quindi pagheranno nel futuro ciò che oggi non
gli è stato possibile prevedere. “Vuoi andare dalla nonna?”, “Lo vuoi
questo vestitino?”, “Vuoi andare a letto?” Poveri bambini, sopraffatti
dal carico decisionale!
I genitori sono così fragili ed emotivi da ritrovarsi incapaci di
porre regole, di predisporre con autorità e solidità paletti tali da
consentire al bambino di orientarsi una volta adulto: tutto subito,
tutto garantito, tutto gratis, tutto ossessivamente e individualmente
semplificato. Facciamola finita di non fare i genitori. Sono ormai molti anni che esercito la professione di pediatra e non avevo mai visto una generazione di bambini così in crisi.
Genitori sempre più isterici
Se l’aver mollato sull’educazione avesse almeno prodotto genitori più
liberi, più riposati, più tranquilli, non più stressati da
quest’impegno quotidiano e costante! Certo sarebbe stato comunque un
problema, perché di fatto rinunciare a educare produce bambini a
rischio, ma almeno i genitori avrebbero potuto “starsene in pace” a
dedicarsi alle loro cose. Niente di tutto questo. Spesso oggi, oltre ad
avere bambini stressati e disorientati, abbiamo anche genitori sempre più isterici,
stremati, pentiti di essersi riprodotti. Insoddisfatti e tormentati
nella loro quotidianità, e con un unico obiettivo ormai: quello di far
passare il tempo più velocemente possibile e arrivare quanto prima al
punto in cui il bambino avrà superato la sua “bambinità” e si ritroverà
finalmente adulto, accoppiato e con un buon lavoro (ma, naturalmente,
senza andarsene di casa! perché mai dovrebbe farlo? dove potrebbe star
meglio?).
E già si vedono questi figli, così decisionali e autodeterminati, che
benché cresciuti finiscono per non uscire mai di casa, facendo coppia
troppo tardi, finendo gli studi sempre oltre i limiti canonici,
prolungando il tempo della dipendenza a suon di inutili e costosi master
di specializzazione. Non si sentono mai pronti per abbandonare lo
status di figlio, e continuano a ricorrere ai genitori oltre i limiti
storicamente concessi.
Un po’ come effetto, un po’ come causa, anche i genitori assumono un
atteggiamento dissociato: se quando i figli erano piccoli non speravano
altro che in una loro crescita veloce (evitando di gestire le difficili e
complesse relazioni di quelle età), una volta cresciuti, invece, fanno di tutto per mantenerli legati alla casa,
ancorandosi alle rassicuranti, facili, superficiali relazioni quali
sono quelle che si riescono a instaurare con “i nostri ragazzi” di oggi,
adulti non cresciuti, adulti eternamente e tenacemente bambini, tutti
papà e (soprattutto) mamma!
L'autore:
Paolo Sarti è nato a Firenze nel 1949. Pediatra di famiglia, ha insegnato alla facoltà di Medicina e alla facoltà di Psicologia dell’Università di Firenze. È stato consulente della Regione Toscana per l’educazione sanitaria e ha curato la formazione del personale degli asili nido del comune di Firenze. Si occupa in particolare di corsi di accompagnamento alla nascita e di educazione sessuale nelle scuole. È autore di numerosi libri, alcuni in collaborazione con Giuseppe Sparnacci, Manuela Trinci e Anna Oliverio Ferraris. Ama scrivere canzoni, dipingere, curare l’orto e, soprattutto, viaggiare continuamente.
L'autore:
Paolo Sarti è nato a Firenze nel 1949. Pediatra di famiglia, ha insegnato alla facoltà di Medicina e alla facoltà di Psicologia dell’Università di Firenze. È stato consulente della Regione Toscana per l’educazione sanitaria e ha curato la formazione del personale degli asili nido del comune di Firenze. Si occupa in particolare di corsi di accompagnamento alla nascita e di educazione sessuale nelle scuole. È autore di numerosi libri, alcuni in collaborazione con Giuseppe Sparnacci, Manuela Trinci e Anna Oliverio Ferraris. Ama scrivere canzoni, dipingere, curare l’orto e, soprattutto, viaggiare continuamente.
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