Estratto da "L'importanza delle regole"
Uno dei problemi che si trovano a dover affrontare i genitori
riguarda le regole, cioè i limiti che devono essere dati ai figli. Quando dire
no?
In quali occasioni è opportuno che il genitore ponga precisi
confini al bambino, stabilendo cosa può e cosa non può fare?
Difficile rispondere in modo generale a queste domande o andare
alla ricerca della “formula magica” che può essere applicata in ogni
situazione. Vale la pena fare invece una riflessione più ampia sul senso del
dare dei limiti ai propri figli.
I limiti fanno parte della vita. In qualsiasi fase ci si trovi
(dalla prima infanzia all’età adulta) è necessario attenersi a regole stabilite
(all’interno della famiglia, della scuola, del posto di lavoro, quando si usano
i mezzi pubblici o si va al cinema…).
È fondamentale fare esperienza dei limiti, ma “nella giusta
misura”. Darne troppi o non darne sono atteggiamenti opposti, che spesso
possono essere dannosi per il bambino sul versante della sfera dell’autostima e
della sicurezza.
Quando si pongono troppi limiti si rischia di impedire al
bambino di fare esperienze dirette sulla realtà, fondamentali per comprendere
quali sono le sue reali capacità e divenire, quindi, più autonomo e sicuro.
Non porre limiti, invece, impedirà al bambino di
comprendere/interiorizzare (“mettere dentro” la sua testa) i confini tra ciò
che è lecito e ciò che non è lecito fare.
Il bambino desidera andare, toccare, curiosare… e non sa che non
tutto ciò che vorrebbe fare è socialmente accettabile o comunque possibile
(spesso il bambino non ha neppure il senso del pericolo…).
Deve apprenderlo con il tempo, gradualmente.
Se il genitore interviene dandogli dei limiti, questo compito
gli sarà facilitato. Al bambino deve giungere il messaggio implicito che non
deve avere paura dei suoi impulsi, dei suoi comportamenti perché questi sono
controllabili. Quando un bambino sente di potersi controllare, cioè per esempio
di sapersi fermare al momento giusto, di saper aspettare per ottenere qualcosa,
si sentirà più sicuro e tranquillo.
Se al bambino, invece, viene permesso di fare ciò che desidera,
soprattutto di avere un comportamento socialmente inaccettabile, il bambino
stesso può percepirlo come negativo (pur non sapendo come fare per
modificarlo), ed è quindi probabile che la sua ansia aumenti. Il fatto di non
avere limiti mette il bambino in una condizione di difficoltà sul piano
psicologico.
Sono i genitori che hanno per primi il difficile compito di dare
regole e di avere un comportamento coerente nel farle rispettare (i no che dice
la mamma valgono anche per il papà, ma anche la regola vale sempre in una certa
situazione) .
La scuola così come altre persone che significative che stanno
accanto ai bambini (nonni, zii, baby sitter..) non potranno che innestare la
loro azione educativa su quello che i genitori hanno già predisposto.
È questa la grande sfida che devono affrontare i genitori:
coltivare nei figli la passione e il coinvolgimento nel mondo e al tempo stesso
insegnar loro ad adattarsi alle regole della società.
Bibliografia:
Philips Asha
“I no che aiutano a
crescere”
Edizioni Feltrinelli
Approfondimento:
spesso dire di no è molto difficile: certamente più che dire di
sì. Ma il rifiuto è in realtà parte fondamentale delle relazioni tra genitori e
figli.
Dire di no significa porre dei limiti che consentano uno
sviluppo armonico della personalità umana, finalmente alle prese con un
mondo la casistica scelta per illustrare le diverse tappe evolutive
dell'età infantile, al più vasto pubblico di genitori e psicoterapeuti. Ogni capitolo
prende in esame una determinata fascia d'età che individua le possibili
situazioni in cui "dire di no" provoca un significativo cambiamento
positivo nello sviluppo della personalità infantile, evitando al bambino di
infilarsi in una dinamica autocentrata e "onnipotente".
Molte delle fragilità degli adolescenti di oggi hanno la loro
radice nella mancanza della definizione dei limiti. Un libro importante anche
per i genitori affinché possano evitare sensi di colpa e di inadeguatezza.
A cura della Dott. Manuela Mistri (Università Cattolica
del Sacro Cuore)
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