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testo

“Noi socialisti dobbiamo essere propugnatori della scuola libera,

lasciata all’iniziativa privata e ai comuni.

La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola

è indipendente dal controllo dello Stato”

Antonio Gramsci, Grido del Popolo, 1918

venerdì 4 ottobre 2013

Se vogliamo bene ai nostri figli dobbiamo dire di no

Un interessante contributo di Paolo Pugni, di cui già abbiamo avuto un contributo in precedenza. Esperto nell’ambito dell’orientamento familiare e delle scuole, Paolo Pugni vanta svariati interventi in campo nazionale e internazionale nel settore dell’orientamento familiare e della pedagogia.
In questo caso ci da indicazioni su fortezza e autorevolezza di genitori ed educatori

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Ricominciamo da tre. 
tre domande chiave, tre indicazioni conseguenti.

E un articolo da qualche muovere la riflessione. È di Luca Goldoni, dello scorso 20 agosto (vedi qui) e stigmatizza la crescente maleducazione dei piccoli, e dei meno piccoli, esasperata nei luoghi di villeggiatura, specie al mare.

“Dilaga il permissivismo, formula di tutto riposo perché legittima il disinteresse con l'alibi della pedagogia. Tutto risale agli anni 60 quando esplode il dibattito sul sì o no alle favole, alle sculacciate, al premio e castigo” scrive il giornalista mettendo il dito nella piaga e chiarendo che il più delle volte non si tratta di adesione ad un modello educativo che sembra aver creato solo disastri ed essere rimasto solo nell’immaginario di molte coppie, quello che invita all’assenza di negazioni e regole lasciando lo spontaneismo straripare senza limiti e con molte conseguenze negative. 

Già da diversi anni il movimento contrario, basato sul buon senso e millenni di esperienza, chiarisce che se vogliamo bene ai nostri figli dobbiamo dire di no.

Ma per farlo bisogna essere decisi e soprattutto coerenti.  Lo spiega benissimo Goldoni “la vera educazione non consiste nelle prediche ma nell'esempio quotidiano, il pupo va in tilt: gli ripetono che non deve dire bugie e poi sente la madre che istruisce la domestica, se telefona l'Angela dille che non sono in casa. Dunque, severità zero, tolleranza mille.”. 

Alla fine siamo noi che non vogliamo educarci e ci facciamo sconti e per un briciolo di coerenza finiamo per tollerare tutto dai figli trovando sempre giustificazioni ai loro comportamenti sempre meno civili. Li definiamo ingovernabili, quando invece gli incapaci di governarli siamo noi. Certo, la società non ci aiuta, negandoci almeno una buona fetta di strumenti. 

Se la violenza non è mai una strada, la fermezza a volte impone gesti e toni che facciano capire chi comanda. E non sempre questo è possibile farlo con atteggiamento gandhiano, perché ricordiamoci che l’eroe indiano ha avuto successo perché si scontrava con gli inglesi, colonialisti ma decisamente civili. Si fosse trovato ad affrontare con il suo approccio i nazisti e le SS credo che non oggi sapremmo assolutamente nulla di lui, neanche dove fosse vissuto e morto.

Ecco dunque le tre domande chiave che possiamo farci e che richiedono il vostro contributo

a)    esistono realmente dei bambini ingovernabili?
b)   Qual è il modo più corretto per educare oltre dare l’esempio?
c)    Come esercitare la fortezza e l’autorevolezza in questo 2013?

E i tre consigli che mi sento di dare sono questi

1)   non perdiamoci mai d’animo, costa fatica e stanca da morire, ma ne vale la pena;
2)   nel dubbio diciamo di no, meglio negare piuttosto che cedere. Avremo tempo di cambiare idea se è il caso di farlo;
3)    educare vuol dire preparare i figli per il cammino, non il contrario: e se questo vuol dire insegnare loro ad essere una miscela equilibrata di marines, lord, francescani, gregari non dobbiamo spaventarci.

La mia provocazione l’ho lanciata, ora tocca a voi.

Paolo Pugni (dal suo blog: FamiglieFelici)

Paolo  

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